Così il direttore generale dell'Organizzazione delle nazioni unite per l'alimentazione e l'agricoltura Josè Graziano Da Silva, il presidente del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo Kanayo F. Nwanze e il direttore esecutivo del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite Ertharin Cousin hanno lanciato un appello a livello internazionale.
L'obiettivo è evitare che i prossimi mesi si trasformino per decine di milioni di persone in una catastrofe annunciata da due importanti questioni: l'impatto negativo che l'impennata dei prezzi di alcune commodities può avere nei paesi fortemente dipendenti dalle importazioni e il sistema con cui vengono prodotti, commercializzati e consumati gli alimenti in un contesto mondiale di forte crescita demografica.
A ciò si aggiunge il fattore clima sempre presente tra le cause alla base dei picchi che hanno caratterizzato i prezzi internazionali negli ultimi cinque anni.
Un allarme, secondo Rocco Tiso presidente di Confeuro da prendere con la massima serietà.
Compito dell'agricoltura, secondo Tiso, è quello di evitare il ripetersi di situazioni analoghe a quelle di cinque anni fa ma anche di fornire risposte immediate alla quota di popolazione mondiale che soffre ancora oggi la fame.
Dove agire
Dal momento che i prezzi alti sono un sintomo e non una malattia, nel comunicato sono indicate alcune buone pratiche da seguire.
Innanzi tutto sono da ampliare considerevolmente nei paesi più poveri le reti di protezione sociale; gli Stati, poi dal canto loro, devono astenersi dagli acquisti dettati dal panico e dalle restrizioni alle esportazioni che se da un lato aiutano temporaneamente alcuni consumatori, rendono la vita molto più difficile agli altri.
Non meno dannose, secondo le organizzazioni firmatarie del comunicato, le crescenti destinazioni di stock ad uso non alimentare e la speculazione finanziaria.
Tutti fattori che nel breve periodo hanno un costo anche economico, sottolineano gli esperti del Wfp: "per ogni dieci centesimi di aumento nel prezzo del paniere alimentare che il Wfp fornisce - si legge nel comunicato - si stima che sia necessario reperire per l'assistenza alimentare 200milioni di dollari Usa aggiuntivi su base annua”.
Tanta vulnerabilità dei mercati nasce da una serie di punti deboli del sistema.
Anche negli anni positivi, infatti, le produzioni riescono a mala pena a far fronte ad una domanda che cresce al ritmo di 80milioni di bocche in più da sfamare ogni anno; inoltre, le nazioni grandi produttorici sono poche e una loro fase di crisi ricade immediatamente su tutto il sistema.
Che fare
“Ridurre e condividere i rischi” sintetizzano gli esperti delle agenzie Onu. Promuovere una produzione alimentare sostenibile nei paesi poveri dove spesso vi sono ampie potenzialità per migliorare la produzioni, consentirebbe infatti di avere più cibo sui mercati locali e maggiori opportunità di lavoro e di produzione del reddito, specialmente nelle zone rurali dove vive il settanta per cento dei poveri del mondo.
Da non sottovalutare e dimenticare infine lo spreco generato dallo scarto di un terzo del cibo prodotto perché danneggiato o per altre cause, troppo spesso futili, viene da aggiungere.
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Autore: Michela Lugli