Un'alternativa all'uso di zucchero e amido come materia prima per l'etanolo sono le biomasse ligno-cellulosiche che però possono essere impiegate solo adottando processi più complessi (bioetanolo di 2a generazione). Un contributo di Paolo Ranalli del Cra, dipartimento Trasformazione e valorizzazione dei prodotti agro-industriali rende noto che se, da un lato, tali processi non sono ancora maturi sotto il profilo tecnico-economico, dall'atro l'elevata disponibilità di residui agro-industriali e di alcune tipologie di rifiuti (come paglia, carta da macero e stocchi di mais) è un potente stimolo alla messa a punto di processi più efficienti in grado di convertire anche tali materiali.
I biocarburanti di 1a generazione evidenziano limiti che ne impediscono una più larga diffusione: la disponibilità di quantitativi limitati rispetto alla domanda; i benefici ambientali piuttosto contenuti; la limitata disponibilità di suoli per la coltivazione; la competizione diretta con il settore alimentare.
Buona parte dei limiti sopra elencati sono dovuti al fatto che i processi correnti utilizzano soltanto una parte delle piante d'origine, per di più la parte nobile che altrimenti è impiegata a fini alimentari (semi e tuberi). La possibilità di sfruttare la pianta per intero, evidentemente, migliora lo sfruttamento della produzione per ettaro coltivato.
Biocarburante di prima generazione da semi di frumento
L'idrolisi dei materiali ligno-cellulosici è operata mediante enzimi e per favorire tale reazione è necessario un trattamento preliminare della biomassa (pre-trattamento meccanico, chimico o biologico) per la destrutturazione del materiale e la parziale idrolisi dei polisaccaridi.
Nelle biomasse sono presenti anche zuccheri non fermentabili dal comune saccharomyces (costituenti dell'emicellulosa) che se utilizzati potrebbero fare aumentare notevolmente la resa di etanolo: da una tonnellata di biomassa si possono produrre 250-300 litri di etanolo utilizzando solo la cellulosa, 350-400 litri se tutti gli zuccheri fossero fermentati.
Biocarburante di prima generazione da semi di colza
Ad oggi, sono stati messi a punto microrganismi geneticamente modificati in grado di metabolizzare e trasformare in etanolo molti degli zuccheri contenuti nella biomassa. Il loro utilizzo in impianti industriali è però ancora problematico a causa della scarsa produttività e della debolezza dei ceppi. Il settore delle biotecnologie è fortemente impegnato in questo settore e sono prevedibili progressi sostanziali nei prossimi anni, sia nella messa a punto di enzimi più efficienti e meno costosi che nella disponibilità di microrganismi ad alta produttività di etanolo.
Oltre ai residui aziendali, fonte di biomassa potrebbero essere anche colture dedicate di specie perenni che si adattano bene anche in terreni marginali (collinari, poco fertili e mancanza del supporto irriguo); tali sistemi offrono la possibilità di combinare servizi agro-ambientali (carbon sinks, controllo dell'erosione, tutela della biodiversità) e produzione di biomassa ad uso energetico. Considerate le peculiarità del territorio italiano queste colture potrebbero fornire un importante contributo alla multifunzionalità dell'agricoltura.
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Fonte: CRA - Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura