Meno iscrizioni e più cessazioni: si allarga, nel primo trimestre del 2012, la forbice della vitalità delle imprese tra chi sceglie di entrare sul mercato creando una nuova attività (sono stati in 120.278 tra gennaio e marzo) e chi, al contrario, ne è uscito (in tutto, 146.368). Rispetto allo stesso periodo del 2011, le iscrizioni sono diminuite di 5mila unità, le cessazioni sono aumentate di 12mila, con un saldo del periodo di -26.090 imprese, il triplo rispetto ai primi tre mesi del 2011.

Questo, in sintesi, il quadro che emerge dai dati sulla nati-mortalità delle imprese italiane nel primo trimestre dell’anno, fotografati da Movimprese e resi noti a Lecce dal presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, nel corso del convegno sullo sviluppo del Mezzogiorno, organizzato dalla Camera di commercio del capoluogo salentino.

I successi del made in Italy nel mondo da soli, non bastano a sostenere l’occupazione e a ricostruire il benessere dei territori andato perso nella crisi di questi anni”, ha commentato Dardanello.

Tra i settori, in termini assoluti i saldi negativi più pesanti si registrano in agricoltura (-13.335 unità), una tendenza di fondo che prosegue da anni. Boom invece per il settore dell’energia, dove si sta probabilmente consumando la corsa agli incentivi per la produzione di energia attraverso fonti alternative. Nel trimestre, il bilancio delle imprese è stato positivo per 511 unità in più, corrispondente ad una crescita del 7,6%.

Sotto il profilo territoriale, tutte le macro-ripartizioni geografiche chiudono il trimestre con saldi negativi. La battuta di arresto più rilevante in termini assoluti è quella della ripartizione Sud e Isole che perde 10.491 imprese, il 40,2% di tutto il saldo negativo del periodo.
 

Confagricoltura: 'Ma l'agricoltura non si arrende'

"Il dato Unioncamere sul settore primario è in linea con una tendenza alla razionalizzazione che si registra da diversi anni, – ha commentato il presidente di Confagricoltura Mario Guidima è anche il segno di una sofferenza in cui si trovano ad operare tante imprese agricole che non trovano margini di redditività".

"Non vorrei però che emergesse dalle analisi sulla crisi l'immagine di un'agricoltura che si arrende – ha continuato Guidi – Ci sono imprese agricole strutturate, moderne e competitive che hanno messo in atto, già da tempo, precise strategie per fronteggiare le criticità".

Da un'indagine svolta recentemente da Confagricoltura con il Censis è emerso le imprese più evolute hanno adeguato gli impianti e le strutture produttive (il 75% delle aziende più evolute), ridefinito le politiche di vendita (59%), riorganizzato le procedure di lavoro (57,3%), individuato nuove produzioni e colture (51,7%), ridefinito le funzioni di vertice (30,3%). Solo il 3,7% del campione intervistato non ha apportato alcun cambiamento.

Guidi ha colto l'occasione anche per ricordare che circa il 2% delle imprese esistenti generano massa critica: "Si tratta di circa 30-32 mila imprese da cui deriva gran parte del fatturato, del valore aggiunto e dell'occupazione del sistema agricolo nazionale".

 

'Bisogna mettere l'agricoltura in condizioni di tornare a crescere'

Anche la Cia - Confederazione italiana agricoltori ha sottolineato la profonda sofferenza delle aziende agricole italiane, puntando il dito contro assenza di liquidità, burocrazia elefantiaca e aumento dei costi di produzione, caro-gasolio in testa

"I produttori vivono una situazione drammatica che non ha precedenti - ha spiegato la Cia - schiacciati sia dai problemi strutturali del comparto che dalle difficoltà congiunturali conseguenti all'intensificarsi della crisi economica". 

La burocrazia, per esempio, costa al settore più di 4 miliardi di euro l'anno (di cui oltre un miliardo addebitabile a ritardi, disservizi e inefficienze della pubblica amministrazione), e fa perdere a ogni impresa quasi 90 giorni di lavoro l'anno solo per rispondere a tutti gli obblighi fiscali e contributivi.

La stretta creditizia fa il resto: secondo la Cia, ben due aziende agricole su tre sono gravate da debiti e tre su dieci non riescono più a fronteggiarli. Il rischio è quello di finire nella rete dell'usura e della criminalità organizzata.

"Certo ora l'arrivo dell'Imu (pur con i miglioramenti degli ultimi passaggi parlamentari) ci mette un ulteriore 'carico da novanta'" ha commentato la Cia.

"Bisogna mettere l'agricoltura in condizioni di tornare a crescere" ha concluso la Cia. "Serve per esempio una riduzione dei costi (soprattutto l'abbattimento dell'accise sul gasolio); una semplificazione amministrativa e fiscale; un miglioramento dell'accesso al credito; contratti sicuri con i soggetti della filiera, soprattutto con la Gdo; una spinta decisa verso l'aggregazione".