Di recente formazione, l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc) - il cui compito è ben chiarito dal nome - è un ente istituito con Decreto legislativo n 4 del 4 febbraio 2010, convertito dalla Legge 50 del 31 marzo dello stesso anno che va ad inserirsi nel contesto normativo della legge 575 del 31 maggio 1965.
L'Agenzia posta sotto la vigilanza del ministero dell'Interno, interviene nella fase amministrativa e dal 15 marzo scorso - grazie ai Regolamenti approvati dal Consiglio dei ministri nel novembre 2011 - anche in quella giudiziaria dell'iter al quale un bene sottratto alla criminalità organizzata è sottoposto.
In aggiunta, il legislatore con la definizione del codice antimafia - DL 159 del settembre 2011 – tuttora in fase di evoluzione, nel tentativo di superare le difficoltà di frammentazione ed elaborare un testo che fosse di riferimento, ha voluto armonizzare le norme esistenti di natura penale, processuale e amministrativa.

 

Iter istituzionale di assegnazione

L'identificazione dei beni da confiscare – spiega Anbsc - avviene ad opera dei magistrati che ne dispongono il sequestro. Quindi, passando per i successivi procedimenti giudiziari di confisca di primo grado e confisca definitiva, l'Agenzia attraverso gli amministratori giudiziari riceve in gestione il bene fino al momento dell'assegnazione ad un ente locale - un Comune, una Provincia o una Regione - che ne abbia fatto richiesta tramite una manifestazione d'interesse”.
Il trasferimento, gratuito, viene deliberato dal Consiglio direttivo dell'Agenzia che si riunisce più o meno una volta al mese. A questo punto, il Comune assegna il bene alle associazioni che ne hanno fatto domanda per destinarlo ad uso sociale.
Solo nel momento in cui non sia richiesto da alcun ente, ma – spiega l'Agenzia - “è una casistica molto limitata che riguarda beni in cattive condizioni di utilizzo o gravati da un'ipoteca importante o ancora vandalizzati il più delle volte ad opera del clan della persona a cui è stato confiscato”, il bene può essere venduto tramite asta.

 

Un po' di numeri

I dati forniti dall'Agenzia e aggiornati al 31 dicembre 2011 contano 3.416 beni interessati da confisca definitiva concentrati principalmente in tre regioni: Calabria, Sicilia e Campania.

Le aziende sono circa 1.500 e inglobano una quota pari al 5% (83 unità) di realtà ad orientamento agricolo.

Più del 70% delle oltre tremila pertinenze totali, è gravata da criticità tra cui ipoteche, procedure giudiziarie in corso ma anche inagibilità che non ne consentono una tempestiva destinazione.

Il 20% del totale, pari a 2.026 unità, è rappresentato da terreni agricoli; di questi 1.371 sono destinati e consegnati, 569 sono in gestione all'Agenzia e la restante parte è quasi equamente divisa tra quelli usciti dalla gestione e quelli destinati ma non consegnati. Meno importanti le cifre dei terreni con fabbricati rurali che ammontano a 347 unità. Anche in questo caso la maggior parte è destinata e consegnata – 232 unità -, una parte è in gestione all'Agenzia e solo una piccolissima quota va a ricadere nelle ultime due categorie.

Più dell'80% dei beni è trasferito al patrimonio indisponibile degli enti territoriali quasi sempre identificabili con i Comuni di pertinenza del bene.

 

Strumenti comunitari

Se una delle maggiori difficoltà legate ai beni confiscati è la partenza dell'attività produttiva per impedimenti legati alle cosiddette criticità, l'agricoltura può essere ritenuta un'isola felice.
Come spiega Galante infatti, è un settore che ricco di successi, si erige a simbolo delle esperienze riuscite.

Dal rappresentante di Libera, apprendiamo che il fattore limitante per eccellenza è la liquidità necessaria per portare il bene agricolo in  condizioni di essere produttivo.

L'esperienza maturata su circa dodicimila beni confiscati di vario genere, evidenzia che i tempi di attesa tra sequestro e assegnazione arrivano a durare anche sette anni. Ora, è chiaro – spiega Galante -, che se pensiamo ad un vigneto lasciato incustodito per un tempo così lungo chi lo riceverà in gestione dovrà preventivare un importante investimento.
Non esistono fondi ad hoc e il più delle volte le cooperative non hanno questa disponibilità economica – puntualizza - per questo è necessaria una grande capacità gestionale così da definire piani di lavoro ben organizzati che sappiano generare reddito da coltivazioni più immediatamente remunerative o da attività collaterali.
Esistono i fondi del programma Pon sicurezza - specifica Galante -, ma pur essendo di grande utilità, sono rivolti ad interventi strutturali. Grazie all'assegnazione di questi fondi europei abbiamo ad esempio potuto mettere in moto la macchina che ha portato all'edificazione della cantina, al restauro degli agriturismi nella zona di Palermo e all'avvio del caseificio a Castel Volturno”.

Il programma, gestito dal ministero dell'interno e cofinanziato dall'Unione europea, dispone di una dotazione pari a 158 milioni di euro; per la gestione che si chiuderà il prossimo anno, la dotazione finanziaria ricadente nell'Obiettivo 2.5 del Pon supera i 92 milioni di euro (ad oggi ne sono stati stanziati 61), dei quali 29 destinati alla realizzazione di progetti in Sicilia, 27 in Campania, ventidue in Puglia e 13 in Calabria.

 

 

 

La gestione prima di tutto

Proprio in considerazione del peso che una corretta gestione aziendale ha nel determinare il successo di una realtà confiscata, nel 2011 l'Anbsc ha siglato con Assolombarda, Aldai – Associazione lombarda dirigenti aziende industriali e Fondirigenti, un protocollo d'intesa che in collaborazione con le Università Luiss e Bocconi è finalizzato alla formazione specialistica di sessanta manager per la valutazione e la gestione di aziende confiscate.

Libera, andando nella medesima direzione, nel corso del 2011 ha avviato con Unioncamere una collaborazione volta a fornire un supporto qualificato nella gestione delle aziende confiscate.

Sempre nell'ambito dell'accordo, Libera ha individuato sei aziende attive i cui dipendenti ricevuta un'adeguata formazione da Unioncamere, andranno a costituire una cooperativa cui verrà affidata, a titolo gratuito, l'azienda confiscata per garantire continuità lavorativa e di sviluppo sancendone, così, la definitiva riqualificazione.