Estate 2011. Doha, capitale del Qatar. Un caldo infernale di poco alleviato dal vento di mare che spira dal Golfo Persico. Una capatina a uno dei supermercati della città può anche dare ristoro, oltre a fornire le cosucce di cui una turista necessita in vacanza. Tra mille prodotti con scritte in arabo e specialità locali, curiosando tra gli scaffali l'occhio italiano della turista si ferma sbigottito. Una vera chicca le si pari dinnanzi: bottiglie di "Aceto Balsamico di Modena". Di per sé non sarebbe poi tanto strano scoprire che anche in Qatar sanno apprezzare una prelibatezza della tradizione culinaria italiana. L'elemento di sorpresa, in verità, viene dall'origine del prodotto. L'etichetta riporta la dicitura in Italiano "Indicazione Geografica Protetta", come pure cita l'articolo 10 del Reg. CE 510/2006 della Comunità Europea relativo ai controlli ufficiali. Però il prodotto è stato confezionato e distribuito dalla Spagna. A confezionarlo sarebbe stata la "Vinagrerìas del Penedès S.A." di Barcellona, mentre a distribuirlo sarebbe stata la "Aceites Borges Pont S.A.U." di Lleida.
Ora, come da Regolamento sopra citato, all'articolo 2 viene descritto il significato di «Indicazione geografica»: essa è "il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare come originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese e del quale una determinata qualità, la reputazione o altre caratteristiche possono essere attribuite a tale origine geografica e la cui produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengono nella zona geografica delimitata".

Il confezionamento, in breve, non è espressamente considerato in tale articolo come parte integrante del processo produttivo. Da ciò se ne può derivare che, anche dopo aver appurato l'origine italiana di quel aceto balsamico, in caso di cattivo trasporto del prodotto, o di sua cattiva conservazione prima dell'immissione in commercio, il ritorno negativo d'immagine per il gusto non proprio soddisfacente andrebbe a ricadere sul prodotto stesso e sul marchio Igp che dovrebbe invece essere garanzia di qualità. La palla è quindi passata al Consorzio di Tutela dell'aceto balsamico di Modena, al quale è stata fatta opportuna segnalazione. Intervistato sull'argomento il presidente Cesare Mazzetti deve a malincuore ammettere che per la legge europea quel aceto balsamico catalano è in regola: un'azienda del consorzio ha fornito del prodotto Igp sfuso alle aziende di Barcellona, sebbene il Consorzio stesso non sia certo d'accordo con tali commerci. Quindi quelle bottigle trovate in Qatar sono "legali". Peccato che con la Spagna sia stata aperta un'azione legale dopo che furbescamente i cugini spagnoli si sono modificati l'elenco degli aceti, inserendovi anche la generica dicitura "aceto balsamico". Quindi al momento c'è anche chi in Spagna si produce il proprio aceto "balsamico" e lo vende. La domanda è: quanti consumatori esteri conoscono la differenza tra "aceto balsamico Igp di Modena" e un generico "Aceto balsamico"? Ma a parte questo specifico caso in corso di discussione con la Spagna, l'attuale assetto legislativo europe, che permette il confezionamento in un Paese terzo di un prodotto Igp, crea una zona morta molto ampia. In questo cono d'ombra vi trovano posto in modo legale molte aziende che imbottigliano all'estero prodotti italiani Igp. L'ente di controllo, il Csqa, ha molte difficoltà a svolgere il proprio lavoro in questi Paesi.

E quando sono della Comunità europea va già bene: quando sono extra-europei, come molti Paesi dell'Est Europa oppure l'onnipresente Cina, il controllo diviene impossibile. Quindi nessuno è in grado di garantire che da 1.000 litri di aceto balsamico Igp venduto sfuso nel Paese "xyz" siano davvero state prodotte 1.000 bottigle da un litro oppure 10.000, diluendo il prodotto Igp con aceto simil-balsamico fatto sul posto. Da qui al tarocco pieno, cioè al prodotto contraffatto al 100%, il passo è purtroppo breve. Mazzetti finisce l'intervista auspicando in primis una maggiore coerenza e unione fra le aziende italiane, ma anche l'accettazione della "protezione ex-ufficio" a livello europeo. Grazie a questa, ogni Paese membro diventerebbe responsabile dei controlli sui prodotti circolanti e non dovrebbe essere sempre e solo il Consorzio di turno a prendersi l'onere di andare all'estero a controllare la correttezza dei processi industriali altrui.

Nessuno sa quindi se e cosa succederà da adesso in poi. Se la Spagna rimuoverà il proprio "aceto balsamico" generico, oppure se i controlli verranno finalmente resi obbligatori nazione per nazione. Di sicuro, la turista italiana s'è nel frattempo guardata bene dal condirsi l'insalata con quel prodotto dal sospetto accento catalano. Un danno indiretto all'intero comparto di cui, visto il momento di crisi, se ne potrebbe anche fare a meno.