Non è il caldo a far morire gli alveari, né l’emissione elettromagnetica dei cellulari: una precisazione che la Fai, Federazione apicoltori italiani ritiene doverosa a seguito i articoli comparsi sulla stampa nazionale, destando allarme nell’opinione pubblica. Le malattie tradizionali e quelle esotiche, l’abbassamento delle difese immunitarie delle colonie e l’uso di alcuni fitofarmaci che non tengono nel debito conto le esigenze dell’apicoltura rappresentano le ragioni principali dei danni che il settore registra in Italia. Il nostro patrimonio apistico, per quanto soggetto a spopolamenti o morìe di alveari, è ricco e diffuso su tutto il territorio: l’Italia è uno dei Paesi con maggiore densità di alveari (4 per km2). E’ grazie alla destrezza degli apicoltori, che a costo di grandi sacrifici assicurano il ripristino degli alveari perduti, che si evitano danni alle produzioni agricole per il mancato servizio di impollinazione. Sugli effetti dei cosiddetti “nicotinoidi”, insetticidi che secondo le istituzioni della ricerca apistica sono da ritenersi dannosi per le api, la Fai conferma che anche quest’anno si sono osservate perdite di alveari in zone vocate alle coltivazioni specializzate (Pianura Padana, Piemonte, Friuli Venezia Giulia). La sospensione cautelativa di tali principi attivi è auspicabile. Secondo la Fai è necessario che apicoltori, agricoltori e case produttrici promuovano piani di stretta collaborazione per ridurre ogni effetto indesiderato sulle api. La Fai si impegna intanto ad avviare unindagine nazionale, presso tutti propri associati, per documentare compiutamente la reale entità del danno subito e la sua più probabile origine. (Foto tratta dal sito Fai)