Una lunga carriera produttiva permette, inoltre, di spalmare su un tempo più lungo i costi della fase di allevamento della manza riducendo gli eventuali costi di rimonta. Si ha, così facendo, un ammortamento certo del costo sostenuto dalla nascita alla messa in produzione dei soggetti. Diverse ricerche effettuate su vacche Holstein dimostrano che i capi che invecchiano bene sono più redditizi. Man mano che ci si avvicina al terzo parto migliora la produttività giornaliera facendo ammortizzare il periodo di allevamento delle manze. Il risparmio sui costi di accrescimento delle giovani manze bufaline sono inferiori, poi, di circa 40-50 euro per ogni mese di anticipo sul primo parto, che troppo spesso si spinge oltre i 32-34 mesi di vita.
Per ottenere l'anticipo dell'entrata in produzione dei capi bisogna iniziare col prendersi cura al meglio dei vitelli fin dalla nascita. I primi cinque mesi di vita sono determinanti: la riuscita della fase di allevamento dalla nascita fino al terzo mese è sicuramente il primo e determinante fattore per avere delle future campionesse in stalla. I due mesi successivi la fine dell'alimentazione lattea (3-5 mesi) possono però vanificare quanto di buono fatto con un latte in polvere di ottima qualità.
I ritardi di crescita nei primi tre mesi non vengono mai compensati del tutto e le implicazioni negative sullo sviluppo scheletrico e dell'apparato riproduttivo (qualora il soggetto non muoia) sono dell'ordine di centinaia di euro, visto il ritardo del primo accoppiamento utile e, di conseguenza, del primo parto. Soggetti scarsamente sviluppati nei primi tre mesi avranno scarsa capacità di ingestione da adulti e potranno produrre quantitativi di latte inferiori anche del 20-30% rispetto ai soggetti migliori. I ritardi di sviluppo dai tre ai cinque mesi benchè gravi, non raggiungono quasi mai livelli di criticità tali da compromettere del tutto i livelli di longevità e produttività di una bufala, restando tuttavia determinanti. Si è visto che bufalotti svezzati a 90 giorni con pesi intorno ai 90-95 kg (optimum di crescita circa 900 grammi al giorno) raggiungendo livelli di ingestione superiori avranno anche tassi di fertilità migliori.
Da ricerche condotte su vitelli Holstein emerge poi che in vitelli cui è stata somministrata una maggiore quantità di solidi del latte (quantità di polvere di latte in pratica) si verificano eventi metabolici capaci di indurre una risposta immunitaria che non solo li mantiene più sani, ma ne influenza positivamente anche la carriera produttiva. A maggior ragione in una specie come quella bufalina, tanto delicata nella prima fase di vita, l'alimentazione lattea con dei sostituti di latte adeguati e calibrati sulla specie riveste importanza vitale. Al picco di ingestione lattea (45esimo giorno di vita circa) un vitellino non dovrebbe ingerire meno di 900-1000 grammi di polvere di latte al giorno, equivalenti circa a 5,6 litri di latte ricostituito. Quantità che aumentano in caso di temperature invernali particolarmente rigide. (4-6 gradi centigradi di temperatura ambiente sono già sufficienti ad innalzare sensibilmente i fabbisogni energetici). Durando circa un mese in più di quello di un bovino, l'allattamento di un giovane bufalo fa sì che un errore lieve perduri per un tempo tale da compromettere gravemente la carriera produttiva.
Per ottenere il meglio dai vitelli dovrebbero quindi essere somministrati almeno due litri di colostro entro le prime sei ore di vita. In seguito va messa a disposizione acqua potabile e somministrato un minimo di tre litri di latte ricostituito, ineccepibile per costituenti proteici, lipidici, vitaminico minerali e per caratteristiche di solubilità e appetibilità, fino ad arrivare a 5 litri o più, almeno fino ai 50 giorni di vita: a questa età un giovane bufalo può iniziare a consumare con successo modeste quantità di fieno e cereali. Le campionesse di domani sono le vitelline in gabbietta di oggi.
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Fonte: Sloten