Secondo i dati forniti dall’Istat, la produzione suinicola italiana è stata di circa 12.276.000 capi suini, in calo del 5,2% rispetto al 2010. E’ il risultato della forte contrazione della consistenza delle scrofe (-7,4% nel giugno 2011 rispetto all’anno precedente) determinata dalla prolungata crisi del settore. Gli effetti della diminuzione produttiva sono stati più evidenti nei mesi conclusivi dell’anno. Infatti, i dati parziali ad ottobre del circuito Dop indicavano ancora una contrazione meno marcata (- 0,84%).
Naturalmente la minor disponibilità di prodotto nazionale ha condizionato l’attività di macellazione che ha fatto segnare un significativo arretramento del 3,2% rispetto al 2010 (13.323.500 capi suini macellati). In parte il prodotto di origine italiana è stato sostituito da suini di importazione, che si stima abbiano raggiunto circa 1.047.500 di capi (il 7% del totale macellato). L’aumento dei suini esteri rispetto all’anno precedente è rilevante + 8,3%. Le importazioni hanno riguardato soprattutto la categoria dei lattoni e per questo rispetto all’anno precedente il peso complessivo stimato 43.944 t per i suini vivi importati è aumentato solo dello 0,7% e il valore € 66,557 milioni è diminuito del 5,4%.
Nel 2011 è proseguito il trend di crescita (+ 3,2%) delle importazioni di carni suine per un totale di 1.036.066 t, corrispondenti ad un valore di € 2.007,7 milioni (+5,5% rispetto all’anno precedente).
Buone le performance delle esportazioni: i volumi di carne suina esportata dovrebbe aver raggiunto circa 313.625 t (peso equivalente carne fresca), un balzo del 6,6% rispetto al 2010, e in valore circa € 1.219,4 milioni (+ 9,5% rispetto al 2010).
Meno confortanti, invece, sono le stime riguardanti i consumi di carne suina: rispetto al 2010 gli acquisti di carne suina in Italia dovrebbero essere calati dell’1,6%, per complessive 2.344.500 t equivalenti carcassa, mentre il consumo pro-capite dovrebbe essere diminuito del 2,1%. Per effetto del calo produttivo, dovrebbe essere peggiorata anche la quota di auto-approvvigionamento stimata nella misura del 63,8% (-3,4% rispetto al 2010).
Sul fronte dei prezzi dei suini da macello, si è assistito ad una incoraggiante ripresa delle quotazioni: media di 1,500 €/kg per i suini leggeri da 90-115 kg p.v. (Modena), + 12% rispetto al 2010 e media di 1,413 €/kg per i suini pesanti Dop 160/176 kg (CUN Mantova), + 15,6% rispetto all’anno precedente. Non altrettanto si può dire delle quotazioni dei suinetti che, sulle piazze di Modena, Mantova e Milano, hanno fatto registrare una media di 2,903 €/kg, in calo del 2,3% rispetto al 2010.
Il valore della produzione suinicola italiana, favorita dal rafforzamento delle quotazioni, segna un netto miglioramento nonostante la contrazione produttiva, il progresso è del 9,6% per un totale di € 2.644,3 milioni.
Purtroppo il settore deve fare i conti con il rincaro delle materie prime per l’alimentazione dei suini. Il 2011 è un’annata contrassegnata in negativo da questo fenomeno esploso durante l’anno precedente. Sul mercato di Milano, il prezzo medio del mais è aumentato del 33,7% rispetto al 2010, il prezzo medio dell’orzo del 35,9% e quello della crusca di frumento tenero del 30,2%. In calo invece il prezzo della farina di soia (-2,2% rispetto al 2010). Complessivamente, nel 2011 il costo di una razione standard per suini è ulteriormente aumentato del 24,3% rispetto all’anno precedente.
In conclusione, nel 2011 la ripresa dei prezzi dei suini favorita anche dal calo dell’offerta ha attenuato gli effetti del caro materie prime per mangimi, ma non ha permesso di recuperare le pesanti perdite degli esercizi precedenti. Sul settore incombono seri problemi, che vanno dal strutturale aumento dei costi espliciti di produzione (mangimi in primis) alla necessità di interventi di adeguamento alle normative circa il benessere degli animale e l’impatto ambientale, dalla difficoltà e onerosità di accesso al credito bancario alla temuta riduzione dei consumi di carni suine in una fase di recessione economica.
I dati produttivi del 2011 mettono in evidenza lo stato di sofferenza del settore, l’ulteriore chiusura di allevamenti e la diminuzione del patrimonio di scrofe allevate aumenta la nostra dipendenza dall’estero e può mettere a rischio un patrimonio di eccellenze, qual è l’insieme delle produzioni tipiche di qualità italiane.
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