Buono, nutriente, ricco di sapori “di una volta”. Eccolo il latte crudo, quello distribuito dalle macchine automatiche, i “Bancolat”, che con frequenza si incontrano nei pressi degli allevamenti di bovine e anche nelle periferie della città e persino in qualche centro commerciale. La loro diffusione è cresciuta senza sosta e molti consumatori si sono “convertiti” al latte crudo non solo più buono, ma anche più economico rispetto a quello fresco pastorizzato. Poi il sospetto che alcune patologie fossero dovute al consumo di latte crudo ha convinto le autorità sanitarie a correre ai ripari. Sulle macchine distributrici è così comparso un cartello con scritto “Prodotto da consumarsi dopo bollitura”. E per rendere più efficace il messaggio l'ordinanza ministeriale del dicembre 2008 (oggi reiterata) prescrive che la scritta sia in caratteri alti almeno 4 centimetri e in colore rosso. Insomma, visibile e “inquietante”. Poi alcune indicazioni d'uso, come data di scadenza, conservazione in frigorifero. Lasciando al consumatore il compito di comprendere che la bottiglia appena riempita di latte va posta in frigorifero nel più breve tempo possibile. Altrimenti la proliferazione dei batteri è garantita. E i Bancolat non sempre sono vicini a casa.

 

Bancolat in calo

Le cautele imposte dalle autorità sanitarie hanno forse evitato qualche enterite di troppo, ma al contempo hanno “spaventato” i consumatori. Il proliferare di distributori di latte alla spina ha così subito un rallentamento e il loro numero, ma mancano dati certi, si è fermato sotto le duemila unità. Meno Bancolat, ma anche minor consumo di latte crudo. Anche in questo caso avere cifre precise è difficile (cosa che non favorisce la rintracciabilità di questa filiera ultracorta), ma stando alle proiezioni di alcune fonti,  dal picco di 30 milioni di litri di latte crudo consumati in un anno si è scesi oggi alla metà o anche meno. Peccato, perché i Bancolat promettevano agli allevatori di scrollarsi di dosso, almeno in parte, la sudditanza verso le industrie di trasformazione, poco inclini a premiare con il prezzo la qualità del latte italiano. Peccato ancora perché il latte venduto nei Bancolat offre un vantaggio economico al consumatore, che lo paga meno del latte ad alta qualità pastorizzato e rappresenta al contempo un vantaggio per l'allevatore che lo vende ad un prezzo tre volte più alto di quello riconosciuto dall'industria.

 

Avviso di garanzia

E ora per i Bancolat si profilano altre difficoltà. Nel latte prelevato dal distributore di un allevamento a Pianezza, alle porte di Torino, è stata rivenuta la presenza di Campilobacter jejuni. Un batterio che insieme all'E. Coli si può riscontrare  nei cibi e che come quest ultimo determina nell'uomo enteriti di gravità variabile. La notizia del ritrovamento è del marzo di quest'anno e arriva dai controlli di routine a campione sul latte venduto con i distributori automatici. E' di questi giorni invece la notizia che all'allevatore responsabile della stalla la Procura di Torino ha inviato un avviso di garanzia con l'accusa di immissione in commercio di sostanze alimentari nocive. La notizia è rimbalzata sui media ed è aumentata la diffidenza dei consumatori nei confronti del latte crudo. Ma sono aumentate anche le preoccupazioni  per il sospetto che dietro ad alcuni casi di Seu (sindrome emolitico-uremica) possa esserci il consumo di latte crudo. E' questa una malattia grave ma per fortuna poco diffusa, sostenuta da alcuni ceppi di E. Coli che producono una potente tossina responsabile di gravi danni anche ai reni, tanto da costringere alla dialisi. Ad esserne colpiti sono in particolare gli anziani e i bambini e ora la Procura sembra intenzionata ad approfondire le cause all'origine di alcuni recenti casi di Seu. Gli alimenti contaminati e responsabili di questa sindrome possono essere molti e fra questi anche il latte crudo.

 

Presunzione di innocenza

Sino ad oggi il consumo di latte crudo non ha dato problemi se non in casi isolati e di modesta gravità, segno che gli allevatori fanno bene il loro mestiere e che le autorità sanitarie rilasciano i permessi solo in condizioni di sicurezza e comunque assicurando efficaci controlli. Per il latte crudo si può allora avanzare una ragionevole “presunzione di innocenza”, ma ci auguriamo che le verifiche possano essere rapide e possano sgombrare il campo dalle incertezze, scagionando il latte da questi “sospetti”. Non dovrebbe essere difficile verificare se le persone che si sono ammalate di Seu hanno fatto uso o meno di latte crudo. Ridurre gli acquisti ai Bancolat sarebbe un vero peccato, tanto più che la bollitura mette al riparo da ogni rischio, presunto o reale che sia.