L’impiego di microchip identificativi basati sulla tecnologia RFId (Radio Frequency Identification) rappresenta uno dei più recenti – e funzionali – strumenti a sostegno della tracciabilità nel settore vitivinicolo (Agronotizie, 9 maggio 2008). Un impiego che però deve essere supportato adeguatamente sotto il profilo informatico per risultare efficace, oltre che facilmente accessibile. Difatti un microchip può risultare comunque limitato nelle informazioni in grado di contenere, oltre che legato ad un sistema di lettura – l’RFId reader – che la maggior parte dei potenziali utilizzatori non dispone.
 
Queste problematiche sono state affrontate predisponendo un sito internet a supporto della pianta di vite marcata con il microchip, contenente un database consultabile perciò via web: in questo modo non sussistono di fatto “limiti di spazio” per l’informazione da archiviare e, semplicemente venendo a conoscenza del codice alfanumerico identificativo della barbatella al momento della sua acquisizione, si può consultare tutto quanto è associato al microchip grazie ad un comune Pc collegato alla rete.  
La banca dati sperimentale è stata allestita dall’Associazione toscana costitutori viticoli (Tos.Co.Vit. http://www.toscovit.it) - in collaborazione con il Dipartimento di coltivazione e difesa delle specie legnose "G. Scaramuzzi" dell'Università di Pisa -, permettendo quindi l’accesso ad una dettagliata scheda tecnico-sanitaria dell’individuo marcato, una vera e propria carta d’identità elettronica (eID). In questo modo l’identità, la certificazione sanitaria, le caratteristiche fenologiche, l’ubicazione, le note produttive e quant’altro risultano:
• Registrate;
• Di facile consultazione;
• Utilizzabili per operazioni di management aziendale;
• Tutelate sotto il profilo della privacy. 
 
La gestione elettronica dell’informazione
Il sistema informatico è stato approntato da InterMedia Sas (www.rfid360.net), ed è attualmente accessibile in modalità ristretta (previo rilascio di credenziali da parte di Tos.Co.Vit.) per la presa in visione dei soggetti sperimentali. Le schede informative e la loro consultazione – oltre che la loro modifica – sono state approntate in relazione alle esigenze di privacy degli stakeholders, ovvero dei nuclei di premoltiplicazione, dei vivaisti o dei coltivatori. Difatti, le informazioni sono suddivise in termini di pertinenza, rendendo ad esempio visibili ma non modificabili dal viticoltore i dati relativi alla certificazione od alla produzione delle barbatelle. Parimenti, i nuclei ed i vivaisti non possono accedere in alcun modo alle note di coltivazione eventualmente registrate sulle singole piante da parte del viticultore.
Attraverso il database è possibile visionare l’intero volume di piante di pertinenza, modificando alla bisogna le schede, per avere un monitoraggio costante dei soggetti, siano essi prodotti, ceduti o in fase di coltivazione. Il sistema funge perciò anche da strumento per il management digitale dell’azienda coinvolta nella filiera della vite marcata.
 
La carta d’identità elettronica
L’eID contiene i dati genetici e sanitari sufficienti per identificare la pianta ed è il risultato della compilazione delle informazioni da parte del nucleo di premoltiplicazione e del vivaista. Per quanto riguarda la parte che si rifà al clone ed al portinnesto impiegati, i file relativi vanno a costituire una controparte digitale dei cataloghi dei cloni resi generalmente disponibili dai nuclei. In questo modo, l’acquisizione della pianta marcata conferisce anche il libero accesso ai relativi documenti.
 
 
 
 
Le schede relative all’identità dei cloni presenti nel database
 
Database personale
Come accennato, l’eID può essere integrata da parte del coltivatore, andando a costituire un “vigneto virtuale” attraverso il quale i trattamenti effettuati, le produzioni, i programmi di monitoraggio, le coordinate GPS e quant’altro può essere archiviato. Questa caratteristica può aiutare il coltivatore a mantenere nel tempo la memoria storica del vigneto, generalmente realizzata con appunti fatti a mano, file disorganizzati o semplicemente “tenuti in mente”. Per facilitare queste operazioni, il database fornisce anche una sezione personale nella quale tutte le piante di propria pertinenza sono archiviate per tipologia, rendendo quindi l’accesso ad ogni singola pianta più semplice, senza nel contempo perdere di vista la visione d’insieme del vigneto.
 
Dal codice alla pianta, un supporto alla certificazione della qualità
E’ evidente come questo strumento può contribuire ad una operazione di trasparenza nei confronti di tutti coloro che “interagiscono” a vario titolo con la pianta di vite e/o i suoi prodotti: nuclei di premoltiplicazione, vivaisti, viticultori e consumatori possono riconoscersi e conoscersi in modo semplice e rapido grazie ad un codice che accompagnerà la pianta per tutta la sua carriera produttiva.
La sperimentazione sino ad ora condotta permette di trarre due conclusioni: è possibile marcare una pianta di vite con un microchip inserito al suo interno senza impatto per la sua vitalità e qualità, così come è possibile realizzare uno strumento di gestione – ma anche di comunicazionedegli impianti RFId in vite che possa risultare attuale e funzionale.
 
A cura di A. Luvisi, R. Bandinelli, E. Rinaldelli, M. Pagano, E. Triolo
  
La redazione di Agronotizie ringrazia per la collaborazione il prof. Enrico Triolo