Lo abbiamo chiesto a Antonio Felicioli, ricercatore del dipartimento di Scienze veterinarie dell'Università di Pisa e uno dei coordinatori della rete StopVelutina.
Quale è la situazione attuale di Vespa velutina in Italia? Nel 2018 non ci sono state nuove segnalazioni, si può dire che si sia in qualche modo fermata l'espansione?
"Attualmente non ci sono grandi novità rispetto alla situazione dello scorso anno, e nemmeno nuove segnalazioni, ma non si può dire che si sia fermata l'espansione".
Antonio Felicioli nel suo studio a Pisa
(Fonte foto: Matteo Giusti - AgroNotizie)
Ci sono novità sulle zone dove lo scorso erano stati ritrovati gli esemplari Bregantino e Pietrasanta e La Spezia?
"Non ci sono novità nemmeno riguardo a questi siti, in particolare a Pietrasanta non sono più stati ritrovati esemplari della vespa ad oggi, ma ora bisogna attendere la fine dell'estate e gli inizi dell'autunno".
E la ricerca cosa sta facendo?
"Sta facendo passi da gigante. Per la ricerca dei nidi dopo lo sviluppo del radar armonico sviluppato dall'Università di Torino, e delle termocamere usate dall'Università di Pisa, è stata messa a punto una tecnica di radio telemetria per la ricerca dei nidi da un gruppo britannico-francese. Per quello che riguarda la biologia, è stato poi identificato e sintetizzato il feromone sessuale delle femmine da un gruppo di ricerca.
Infine nell'ambito dello studio delle interazioni vespa aliena con le proprie prede (le api) e i propri competitors, come il calabrone autoctono Vespa crabro, è stato verificato che alcuni virus responsabili delle patologie delle api sono presenti e attivi nei due calabroni. Di questi di particolare interesse è il virus DWV che potrebbe svolgere un ruolo di riequilibriatore della vespa aliena".
Quali sono oggi le tecniche in campo per contenere il calabrone?
"Intanto il primo passo è stato quello di aver allestito una rete di monitoraggio capillare e di mantenere alta l'attenzione. Oggi l'unico sistema di contenimento è basato sull'identificazione e la distruzione dei nidi. Una operazione portata avanti all'inizio dall'associazione Apiliguria, e ora nell'ambito del progetto Life da professionisti che si occupano della distruzione del nido con delle aste con cui si fora il nido e si insuffla della permetrina in polvere.
Un'azione che serve per rallentare l'espansione ma non ha una ricaduta sulla difesa delle api. Nelle zone infestate gli effetti sugli alveari restano pesanti".
E ci sono nuove prospettive, tecniche e strategie?
"Alla luce delle nuove conoscenze scientifiche e delle evoluzioni amministrative ci aspettiamo di poter metter in campo nuove strategie di distruzione dei nidi, per cui c'è già della tecnologia pronta così come quella per il monitoraggio e il contenimento delle vespe davanti agli alveari".