Già nel settembre 2012 il giornale francese aveva lanciato uno scoop “deflagrante”: il mais gm NK603, resistente al glifosate, sarebbe risultato cancerogeno. A sostenere questa tesi era un ricercatore francese, tal Gilles-Eric Séralini, professore di biologia molecolare presso l’Università di Caen.
Séralini mercanteggiò poi l’esclusiva della notizia con “Le Nouvel Observateur”. In poche parole, concesse al giornale le anticipazioni della sua ricerca a patto che la redazione s’impegnasse a non far valutare i dati ad altri esperti del settore. E a giudicare dal titolo parrebbe che la redazione si sia pure molto compiaciuta del proprio lavoro: “Esclusivo. Si, gli Ogm sono veleni!”. Non meno arrembante il sommario del pezzo, a firma di Guillaume Malaurie: “Dei ricercatori francesi hanno studiato segretamente, per due anni, 200 ratti nutriti con mais transgenico. Tumori, patologie gravi... Un’ecatombe. E una bomba per l’industria Ogm”.
Le immagini di Séralini con in mano topi ammalati fece quindi il giro del web. Peccato che gli stessi tumori fossero presenti anche in buona parte dei ratti non trattati, ma questi ovviamente Séralini se ne guardò bene dal fotografarli.
L’uso dell’embargo di pubblicazione, per come era stato richiesto da Séralini, fu aspramente criticato dall’Unione europea delle associazioni dei giornalisti scientifici, la quale stigmatizzò la faccenda con un comunicato ufficiale intitolato “ Eusja: Dichiarazione sugli embarghi”. In barba però a queste posizioni dell’Eusja, la notizia rimbalzò subito su tutti i maggiori quotidiani di altri Paesi, italiani inclusi, come pure su web si scatenò un’ondata di ovazioni da parte di tutti i detrattori del biotech.
I commenti della comunità scientifica internazionale si mostrarono da subito tra l’indignato e lo scettico divertito, perché la ricerca venne trovata così lacunosa da non dover essere presa in considerazione in alcun modo. Tanto priva di sostanza da venire perfino ritirata da Elsevier, la casa editrice che aveva avuto la malsana idea di pubblicarla senza prima valutarla in modo più approfondito. Peraltro, alcune centinaia di ricercatori avrebbero chiesto inutilmente al professore di Caen di mostrare i dati grezzi della sua ricerca per poterli soppesare nel dettaglio. Questa prassi è alla base della verificabilità a posteriori di ogni affermazione scientifica e prevede quindi, a richiesta, la condivisione dei documenti originali dai quali è stata tratta la pubblicazione.
Infine, anche per l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, sarebbero “... inadeguati il disegno dello studio, la descrizione dei risultati e la loro analisi, cosi` come descritti nell’articolo”.
Peccato che nel frattempo lo scaltro Professore avesse già sfruttato la stampa allarmista per lanciare il suo libro “Tous cobayes!”, ovvero “Siamo tutti cavie!”. Un lancio di marketing invero efficace e soprattutto gratuito, vista la disponibilità di certi media a parlare di lui a fronte di alcun compenso.
Ora su “Le Nouvel Observateur” compare un altro pezzo, sempre stimolato dalle ricerche di Séralini. Questa volta però i toni del titolo e dei testi sono molto più prudenti, sintomo che alla fine il sensazionalismo alla lunga non paga. In questo giro di giostra, però, non sono gli Ogm nel mirino del Professore di Caen, bensì gli agrofarmaci, i quali per convinzione di Séralini sarebbero fino a mille volti più tossici di quanto atteso. Dagli studi sarebbe perfino emerso che la tossicità di alcuni formulati si posizionerebbe alcune centinaia di volte sopra quella delle sostanze attive in essi contenuti.
Ogni giudizio al momento sarebbe prematuro, perché i dati originali non sono stati ancora studiati approfonditamente. Ma il tempo è galantuomo. Quindi se Séralini questa volta avesse ragione gli verrebbero riconosciuti i giusti meriti. In caso contrario…
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