Ma che ci fa un gazeebo di una multinazionale dell'agrofarmaco nella piazzetta centrale di una cittadina come Montalcino? Una domanda che forse molti turisti e passanti si sono posti. Spesso infatti le aziende del comparto agrochimico non godono dei favori dell'opinione pubblica e vengono guardate anche con un certo sospetto. Ma questa volta no. Il 4 giugno curiosi e passanti facevano invece domande e prelevavano materiali divulgativi in gran copia. Evidentemente, anche il modo e l'occasione scelta per portare i propri messaggi può fare la differenza in termini di predisposizione all'ascolto. Syngenta Crop Protection non si è infatti messa in mostra nella capitale del Brunello per lanciare un nuovo prodotto per la vite o per promuovere le proprie linee tecniche. Bensì lo ha fatto in qualità di sponsor di un evento storico e culturale, per dirla con un gioco di parole, d'altri tempi. Un Tour di trattori d'epoca, partito da Broni il 28 maggio e giunto a Montalcino il 4 giugno, ha infatti beneficiato della sponsorizzazione del colosso elvetico e ha portato dall'Oltrepo pavese alla nobile area del Brunello un messaggio gravido di antica saggezza. E così, sette trattori degli Anni 50, soprattutto Landini Testacalda, si sono fatti moderni ambasciatori di sapori antichi. Nella loro lenta (ma rumorosa) navigazione da Broni a Montalcino hanno raccolto simpatia e curiosità, hanno attirato giornalisti di quotidiani locali e nazionali, radio e televisioni, come pure hanno testimoniato quanto la storia e le radici culturali siano in Italia profonde come forse in nessun altro Paese al Mondo. A bordo di quei veri e propri capitoli di storia a motore vi era anche Syngenta Crop Protection, una "bambina" di soli dieci anni ma con ben saldo il rispetto dei fondamenti più tradizionali e storici dell'agricoltura nazionale.
Dopo una tappa celebrativa presso il Consorzio Agrario di Siena, dove Syngenta e il Gruppo Nardi hanno accolto insieme la carovana da entrambi sponsorizzata, i trattoristi del "Coast to Coast Tractor Team" sono giunti proprio al centro del paese senese che coi suoi vini delizia da decenni i palati di tutto il Globo. Il messaggio portato da Syngenta nulla ha avuto a che fare con l'innovazione e con la chimica, settori in cui peraltro è indiscussa leader. Nei fatti, Syngenta ha voluto condividere con le autorità e il pubblico montalcinese un progetto che mira al ristoro di quelle condizioni naturali equilibrate che ospitavano l'agricoltura proprio negli anni in cui quei trattori operavano nei campi e contribuivano a sfamare numerose famiglie, contadine e non.

 

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Syngenta al Cap di Siena accoglie i trattori d'epoca

 

La "Operation Pollinator"

 

Dimostrare che un’agricoltura produttiva e un ambiente ricco in termini di biodiversità possono convivere? Si, è possibile. Basta ricorrere alla corretta gestione delle aree agricole nel rispetto dei loro limiti produttivi e delle interazioni che le attività umane hanno sull'ecosistema.
Il progetto di Syngenta nasce infatti dalla consapevolezza di quanto gli insetti impollinatori siano cruciali per molti habitat naturali e per la produttività della maggioranza delle colture alimentari. Purtroppo, nelle aree rurali ad alta intensivizzazione colturale le attività antropiche legate alla produzione di cibo comportano spesso la progressiva diminuzione del "coefficiente di naturalità" della regione. Il suolo viene infatti dedicato per la maggior parte alla coltivazione di specie limitate nel numero, in accordo alla vocazione colturale dell'area. Se ciò aumenta da un lato l'efficienza produttiva globale, dall'altro depaupera l'ambiente nella sua biodiversità, limitando anche le fonti alimentari a organismi utili quali sono proprio gli impollinatori. "Operation Pollinator", marchio registrato ed esclusivo Syngenta, si basa quindi sul recupero della corretta gestione delle aree agricole, valorizzando le superfici meno produttive grazie alla semina di essenze vegetali specifiche, ricche in nettare e polline, che attirano gli impollinatori. Le superfici più idonee a tal fine sono i bordi dei campi, le aiole, le capezzagne e tutte quelle superfici che non possono essere dedicate alla produzione, ma che fanno parte a tutti gli effetti dell'azienda agricola. In tal modo si può realizzare una fitta maglia di terreni "rinaturalizzati", i quali hanno dimostrato di poter essere considerati habitat idonei a garantire la sopravvivenza di questi insetti, nonché di essere un valido rifugio anche per piccoli mammiferi e uccelli. In Italia è stato per ora sviluppato in quattro areali con differenti orientamenti colturali (Faenza, Foggia, Perugia, Pisa) e ha visto il coinvolgimento dell’Agenzia Regionale Umbra per lo Sviluppo e l'Innovazione in Agricoltura con la quale sono stati anche organizzati due Convegni nazionali. Recentemente la Regione Umbria ha poi inserito specifici contributi nei Psr per gli agricoltori i quali dedichino un ettaro di suolo ogni dieci alla semina di miscele di semenze atte proprio all'incremento della biodiversità. In pratica, utilizzando il dieci per cento della superficie complessiva, che non necessariamente è quindi SAU, si ha diritto a un contributo stimato in oltre 1.300 €. Ora si spera che anche altre Regioni decidano di contemplare questa opportunità, come pure che la pratica della "rinaturalizzazione" raccolga sempre più consensi a livello agricolo nazionale.
Forse la giornalista canadese in gita a Montalcino, rimasta affascinata dalle bombole a gas con sui si scalda la "testa" dei Landini d'epoca, non saprà esattamente cosa si debba fare per difendere la vite dalla peronospora, ma di certo ricorderà di una giornata splendida, dove storia, cultura, saggezza d'altri tempi (e una multinazionale svizzera) hanno scompigliato la vita del borgo e quella dei suoi poveri Vigili.