Obbligo di controllo degli impianti esistenti, distruzione dei lotti infetti nei vivai dove è rilevata la presenza del batterio, certificazione di tutto il ciclo di produzione del nuovo materiale vivaistico.

La giunta regionale dell'Emilia-Romagna ha adottato un provvedimento per contrastare la diffusione del cancro batterico del kiwi, una fitopatia che, pur essendo innocua per l'uomo, ha causato notevoli danni alle coltivazioni in Lazio e in Piemonte.

In Emilia-Romagna la situazione è meno problematica rispetto ad altre realtà: sono infatti una decina i focolai attualmente identificati e sotto controllo. Al momento l'unica forma di lotta nei confronti della batteriosi del kiwi è l'estirpazione o l'eliminazione delle parti colpite, e l'impianto di materiale assolutamente indenne.

"Il provvedimento adottato dalla giunta – ha commentato l'assessore regionale all'Agricoltura, Tiberio Rabbonirappresenta la prima iniziativa avviata a livello nazionale di contrasto della batteriosi. Abbiamo varato misure certamente rigorose, con una forte ricaduta economica sulle imprese interessate, ma assolutamente indispensabili per tutelare un patrimonio di grande rilevanza per la nostra economia. Il kiwi, per importanza, rappresenta infatti la quarta coltura frutticola a livello regionale, dopo pero, nettarine e pesco".

"Per ridurre il danno economico alle aziende agricole e ai vivaisti – prosegue l'assessore – abbiamo recentemente approvato una legge regionale che consente di indennizzare, anche senza l'obbligo di reimpianto, chi è costretto a estirpare".

Ma si lavora anche sulla ricerca: "Contemporaneamente abbiamo avviato con le Università regionali una sperimentazione per verificare l'efficacia di trattamenti che consentano il risanamento delle piante senza procedere alla loro distruzione".

Quattro i punti più significativi della strategia di prevenzione. E' previsto l'obbligo di controllo degli impianti esistenti da parte dei tecnici del Servizio fitosanitario regionale, seguito dall'immediato incenerimento di tutte le piante (o parti) che risultano colpite; la completa distruzione dei lotti infetti nei vivai, la certificazione di tutto il ciclo di produzione del nuovo materiale vivaistico, che deve avvenire in zone dichiarate 'indenni' e il divieto assoluto di autoproduzione di nuove piante da parte dei frutticoltori fino al 31 dicembre 2011. L'appezzamento all'interno del quale vengono identificate piante colpite è considerato 'area contaminata', da cui, ad eccezione dei frutti, non possono uscire piante o parti di piante; attorno è istituita, per un raggio di 500 metri, una 'zona di sicurezza', al cui interno devono essere controllate tutte le piante di actinidia presenti.

"La strategia di contrasto alle fitopatie – ha concluso Rabboni – deve comunque essere nazionale, anche per poter esportare i nostri prodotti ortofrutticoli senza problemi. In molti casi, infatti, la possibile presenza di agenti patogeni viene utilizzata come pretesto per bloccare le vendite su mercati esteri. Negli scorsi anni queste iniziative sono state finanziate con fondi ministeriali; i tagli effettuati dal Governo ai trasferimenti a favore delle Regioni rischiano, dal 2011, di bloccare quasi completamente gli interventi futuri. Proprio per questo motivo intendo proporre, già a partire dalla riunione degli assessori all'agricoltura delle Regioni (prevista per oggi 8 settembre 2010), e in particolare ai colleghi di Lazio e Piemonte, un'iniziativa unitaria nei confronti del Governo affinché sia garantita la continuità degli interventi di prevenzione e un adeguato livello di funzionamento dell'intero sistema fitosanitario nazionale".