Dopo gli interventi che hanno riguardato l'abbattimento dei prezzi minimi garantiti attraverso la loro equiparazione ai prezzi zonali medi e la tassazione della produzione di energia riconducibile alle imprese agricole, ora tocca alla rimodulazione degli incentivi, che coinvolge obbligatoriamente gli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 200 kW e che a breve potrebbe interessare le altre fonti rinnovabili volontariamente. Tutte disposizioni palesemente retroattive, che incidono su contratti di diritto privato già stipulati, e che costringono le imprese a rinegoziare con gli Istituti di credito le condizioni di finanziamento. L’organizzazione degli imprenditori agricoli rimarca che si tratta di un problema che riguarda un numero significativo di imprese agricole.
Almeno uno dei circa 18 Gw di potenza attualmente installata è relativo ad aziende agricole con impianti di potenza compresa tra i 200 kW e 1 Mw, anche perché, ai sensi della normativa vigente, fino allo scorso aprile, tali impianti erano riconducibili al reddito agrario; motivo per cui gli imprenditori agricoli, spinti dall’esigenza di diversificare i propri redditi, hanno investito in innovazione ed energia verde, utilizzando legittimamente uno strumento di incentivazione dello Stato che oggi, nonostante i contratti siglati con il Gestore dei servizi energetici, rischiano di veder fallire non solo l’attività energetica, ma più in generale l’azienda.
“Per questo – conclude l’Organizzazione agricola - è indispensabile escludere quantomeno dalle misura gli impianti di potenza inferiore ad 1 Mw, con particolare riferimento a quelli realizzati dalle imprese agricole, tenendo fuori in ogni caso dalla rimodulazione gli impianti realizzati sugli edifici, incluse le serre, a prescindere dalla potenza”.
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Fonte: Confagricoltura