"Se nell'uva da vino il miglioramento varietale non è una priorità, in quella da tavola è una necessità per venire incontro alle richieste di un mercato in mutamento. L'Italia sta vivendo una stagione di 'colonizzazione' da parte di varietà estere che provengono da paesi come Israele, California, Spagna e Turchia. Varietà che oltretutto richiedono il pagamento di royalties", spiega ad AgroNotizie Riccardo Velasco, direttore del centro Crea di Viticoltura ed enologia di Bari. "La collaborazione Crea-Nuvaut vuole affrancarci dalla dipendenza dall'estero con varietà moderne, 100% made in Italy e adatte ai nostri areali".
I coltivatori dovranno pagare royalties?
"Le varietà potranno essere impiantate e moltiplicate, senza il pagamento di royalties, da quelle aziende che aderiscono al Consorzio. Il processo di miglioramento genetico è stato infatti finanziato pariteticamente da Crea e da Nuvaut (2,2 milioni in totale, ndr) e dunque le varietà che saranno poi registrate apparterranno anche alle aziende del Consorzio".
Ci sono altri vantaggi nell'aver selezionato varietà nostrane oltre al risparmio dovuto al non pagamento di royalties?
"La ricerca sarà portata avanti in Puglia e le varietà che saranno selezionate si adatteranno perfettamente all'areale, cosa che oggi invece non accade con l'importazione di barbatelle dalla California o dalla Turchia, che richiedono un periodo di studio per adattarle ai nostri areali".
Viti selezionate in Puglia per la Puglia insomma...
"Esattamente, saranno selezionate per dare il meglio qui, sui nostri terreni, nei microclimi che abbiamo, da quelli tipicamente mediterranei della costa a quelli più continentali dell'entroterra".
Da quanti anni il Crea è impegnato nel miglioramento genetico dell'uva da tavola?
"Sono quindici-venti anni che portiamo avanti queste attività, l'accordo con il Consorzio Nuvaut è però il primo esempio di una fruttuosa collaborazione tra pubblico e privato. Il contratto prevede che in tutto siano selezionate cento varietà in dieci anni".
Oltre all'apporto di capitale qual è il ruolo del privato?
"Il Consorzio è essenziale per definire il modo migliore di gestire la pianta. Le prove in campo ci permetteranno di determinare ad esempio gli areali in cui la singola varietà esprime al meglio le sue potenzialità. Ma saranno utili anche a mettere a punto i programmi di concimazione, il miglior portainnesto, il sistema di irrigazione o la defogliazione".
Su quali direttrici di innovazione state puntando?
"L'apirenia (assenza di semi, ndr) è certamente una caratteristica che ormai il mercato richiede con forza. Stiamo puntando poi sul selezionare tratti aromatici nuovi e interessanti. Presteremo infine attenzione allo spessore della buccia e alla croccantezza dell'acino. Oltre ovviamente al livello produttivo".
Il consumatore moderno oggi sembra privilegiare, in generale, dimensioni contenute dei frutti. E' così anche per l'uva?
"Assolutamente no, il consumatore oggi vuole l'acino grosso. Specialmente all'estero un grappolo grande, con le bacche di dimensioni importanti, è valorizzato anche dal punto di vista economico. E visto che il 70% dell'uva pugliese è destinato all'esportazione, la taglia è una caratteristica fondamentale".
Dal punto di vista della resistenza a peronospora e oidio avete novità?
"Stiamo lavorando da quest'anno alla selezione di varietà tolleranti all'oidio, la malattia fungina più importante per questi areali. E' ancora un po' presto per fare previsioni, ci vorranno alcuni anni per avere a disposizione dei nuovi vitigni resistenti".