Promosso dalla Regione e coordinato dal Crpv, il progetto coinvolge sul versante scientifico Centri di ricerca nazionali e, dal punto di vista operativo e finanziario, aziende e istituzioni del territorio romagnolo.
"I dati che abbiamo ottenuto in questi ultimi mesi ci lasciano pensare che quest’anno ci sarà un ulteriore aumento della diffusione della Psa - spiega Alberto Contessi, responsabile del Servizio fitosanitario regionale -. Stiamo rilevando la presenza diffusa di maculature fogliari all’interno degli impianti monitorati. La causa è da legare all’autunno e all’inverno piovosi e generalmente non molto freddi, che hanno permesso al batterio di presevarsi all’interno delle piante e, verosimilmente, di manifestarsi non appena le condizioni climatiche primaverili lo permeterrano“.
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Faenza, un momento del convegno (Foto: Agronotizie)
Il Servizio fitosanitario ha fatto il punto sulla presenza della batteriosi sul territorio regionale. “La malattia si è manifestata per la prima volta nel 2009 con alcuni focolai individuati nel faentino - ha spiegato Paolo Solmi, Servizio Fitosanitario Regione Emilia-Romagna -. Nel 2011 il picco con oltre 100 casi. Nel 2012 la malattia ha continuato a diffondersi, anche se in modo meno impattante rispetto all’anno precedente. Oggi abbiamo circa 600 ettari interessati dalla Psa (quasi il 18% della superficie totale regionale) in Emilia-Romagna, con oltre 50 ettari estirpati”."Questo progetto di ricerca e la legge regionale del 2010 sono il contributo dell'Emilia-Romagna alla lotta alla batteriosi - ha sintentizzato Tiberio Rabboni, assessore all'Agricoltura della Regione Emilia Romagna -, ma la malattia richiede ben altro. Siamo pronti a confluire in un progetto unico nazionale. Occorre una guida unitaria. L'Italia è il primo esportatore mondiale di kiwi dopo la Cina e la minaccia del cancro batterico è a tutti gli effetti un'emergenza nazionale".
Il progetto, partito nell’ottobre del 2011, terminerà ad ottobre di quest’anno, e ha puntato a sei macrobiettivi: maggiore e migliore conoscenza del batterio, studio delle corrette pratiche agronomiche limitanti la diffusione della Psa, principi attivi funzionanti su Psa, messa a punto di buone pratiche vivaistiche per allevare piante sane, scoperta e studio di potenziali antagonisti naturali, implicazioni economiche della malattia.
"La batteriosi del kiwi è di non facile approccio in relazione alla lotta - commenta Maria Grazia Tommasini, ricercatrice del Crpv -. Per questo motivo dobbiamo approcciarci con una corretta forma di prevenzione della malattia, sia in presenza di sintomi che in assenza. Il progetto è partito da un tavolo comune di ricercatori con varie specializzazioni e appartenenti a diverse istituzioni scientifiche che, insieme ad un gruppo di tecnici, hanno sviluppato le linee guida e ne seguono i lavori".
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Italia, il kiwi rappresenta il 7% in termini di Plv
“La superficie mondiale di kiwi nel 2012 è pari a 160 mila ettari per una produzione pari a 1,3 milioni di tonnellate - ha spiegato Elisa Macchi del Cso di Ferrara -. Il kiwi rappresenta il 22% della produzione frutticola mondiale. I primi cinque Paesi produttori del mondo sono Cina, Italia, Nuova Zelanda, Cile e Grecia. Il kiwi è molto importante per l’Italia e rappresenta il 7% in termini di Plv. Oggi gli ettari coltivati in Italia sono circa 27 mila in calo del 2% rispetto al 2011. Le cause sono da ricercarsi principalmente nei danni che ha causato la Psa e dal minore tasso di rinnovo degli impianti. E’ evidente che la malattia potrebbe portare notevoli contraccolpi al comparto kiwi, con un calo delle rese produttive o con un minore investimento della superficie coltivata. Questo potrebbe portare a perdere quote di mercato all’estero e in Italia”."Dal settore della difesa - spiega Agostino Brunelli, dell’Università di Bologna - pur essendo ancora in una fase iniziale, è stato confermato che, per ora, non ci sono prodotti curativi ma è possibile fare una prevenzione, utilizzando prodotti a base di sali di rame".
“Per cercare di contenere la malattia - spiega Loredana Antoniacci, Servizio fitosanitario Regione Emilia Romagna - non sono stati individuati allo stato attuale prodotti specifici efficaci, ciò significa che dobbiamo utilizzare adeguate pratiche agronomiche. Tra queste suggeriamo l’eliminazione delle parti sintomatiche o delle intere piante malate che dovranno essere bruciate in loco. Rimane fondamentale una corretta conoscenza dei sintomi e una tempestiva individuazione per poter effettuare un attento monitoraggio e permettere una corretta azione di pulizia. Solo in questo modo è possibile limitarne la diffusione e le conseguenze. Bisogna inoltre proteggere le piante con trattamenti con prodotti rameici, in particolare dopo gli interventi di potatura o di diradamento dei frutti, in previsione di forti piogge o dopo una grandinata, e in autunno dalla raccolta dei frutti alla completa caduta foglie”.
“Negli studi epidemiologici sull’agente del cancro batterico dell’actinidia abbiamo visto che il patogeno tende a disseminarsi attraverso il polline - spiega Emiliano Stefani, Università di Modena e Reggio-Emilia -, soprattutto se distribuito attraverso soluzione acquosa (rispetto alla tecnica a secco). Abbiamo individuato in laboratorio la presenza di antagonisti naturali della Psa, che però necessitano di essere ulteriorimente testati. Inoltre, abbiamo trovato microrganismi resistenti al rame, ma questa resistenza non è facilemente trasmissibile alla Psa per il momento. Questo ci permette di dire che allo stato attuale la Psa non è resistente al rame e non lo sarà a breve. Infine abbiamo individuato che può vivere su alcune piante infestanti all’interno e all’esterno dell’actinidieto. Questo potrebbe essere un elemento da tenere in considerazione nella corretta gestione dell’impianto e nella lotta”.