Ieri, a Bologna, il presidente di Unima, Aproniano Tassinari, in una lettura pubblica presso l'Accademia nazionale dell'agricoltura sul tema: 'Le imprese agromeccaniche e l'agricoltura che si evolve', ha presentato il comparto agromeccanico al mondo accademico.
L'intervento è stato introdotto dal prof. Gualtiero Baraldi, presidente dell'Ana, e seguito da un dibattito con il pubblico presente, dal quale è emerso come il contoterzismo debba essere un punto di riferimento ineludibile per ogni considerazione che riguardi il settore primario.

Tassinari, nella sua presentazione, ha percorso l’evoluzione che ha portato all’attuale natura la categoria agromeccanica: dall'Ottocento ad oggi, ricordando come la prima forma di organizzazione della categoria risalga al 1905, con la costituzione nel Nord Italia delle Associazioni provinciali dei trebbiatori.

Quanto al profilo dell’agromeccanico che si è delineato in questo secolo, "riducendo ai minimi termini - ha detto il presidente - si tratta di un imprenditore che investe i propri capitali in tecnologie e offre agli agricoltori servizi rapidi ed efficienti, mettendo a disposizione quel plus di innovazione che gli deriva dalla propria vocazione all’aggiornamento continuo. I forti investimenti in macchine del contoterzista liberano l’agricoltore dalla necessità di immobilizzare capitali in tecnologie per lui difficilmente ammortizzabili in tempi ragionevoli, consentendogli di mantenere la propria elasticità colturale".

E poi i numeri: le circa 8.000 imprese agromeccaniche professionali operano per oltre 1 milione di aziende agricole, intervenendo nelle principali filiere produttive del settore agricolo e facendosi carico di oltre il 60% della domanda di prestazioni meccaniche con punte del 95% per la raccolta delle colture da seme, dell'80% per i cereali, del 50% per il pomodoro da industria e di oltre l'80% per le altre colture industriali (barbabietola da zucchero).

Il 58% delle superfici lavorate appartengono ad aziende agricole per le quali l'operatore agromeccanico effettua uno o più servizi e il 25-30% ad aziende che affidano al contoterzista l'appalto globale delle lavorazioni. L'impresa agromeccanica lavora una superficie che oscilla dai 250 ha ad oltre 1000, con punte di 2.000/2.500 ha. Mediamente le macchine in dotazione agli agromeccanici lavorano annualmente 10 milioni di ettari, con una media di 40 mila addetti.

Negli ultimi anni il comparto ha registrato una sostanziale tenuta alla crisi grazie all'elasticità delle sue aziende. "Nel 2008 - ha proseguito Tassinari -, anno critico per l’industria delle macchine agricole, le nostre aziende hanno immatricolato 4.420 trattrici (il 45% delle quali oltre i 150 CV) e 525 mietitrebbie, pari a circa l’83% del totale, oltre a rimorchi e macchine operatrici industriali". Per quanto riguarda gli interventi per coltura, circa il 40% delle attività degli agromeccanici riguarda la cerealicoltura, il 10% la risicoltura, circa il 24% mais e colture per l’alimentazione animale, il 12% gli impianti di colture arboree, l’8% la vendemmia meccanizzata e il restante 6% attività diverse nel settore agricolo".

Oggi, in Italia, oltre l’80% di aziende agricole non potrebbero svolgere il loro lavoro senza l’intervento di quelle agromeccaniche: questo ha determinato un progressiva 'scissione dei ruoli', con l’impresa agromeccanica e agricola indissolubilmente legate: la prima vocata a investire in innovazione tecnologica e professionale e dipendente dalla seconda per le scelte colturali, e la seconda che può dirottare i capitali su investimenti diversi dalla meccanizzazione, ma che ha bisogno della prima per le lavorazioni. In futuro questo connubio non potrà che divenire ancora più stretto e il contoterzismo rappresenterà una soluzione sempre più economicamente vantaggiosa per gli agricoltori".

Il punto, per Tassinari, non è quale sia il profilo dell’agromeccanico nell’ambito dell’agricoltura, ma quale sia il suo ruolo nell’evoluzione del settore primario. "Nonostante le difficoltà in cui versa l'agricoltura spingano l'impresa agromeccanica a diversificare le proprie attività, dall'edilizia ai lavori pubblici, dalla viabilità al manutenzione del territorio, la categoria continua a sentire la propria 'vocazione agricola' come un valore fondamentale. Le sue radici nel settore primario sono un patrimonio genetico che non può essere cancellato, tanto che il contoterzista, come ogni saggio agricoltore, continua a non afferrare il vero significato di degli incentivi alla non coltivazione".

"Sono ormai finiti i tempi in cui le 'braccia rubate all’agricoltura' erano quelle di chi, incapace di fare altro, poteva solo impugnare zappa e vanga - ha concluso il presidente di Unima -. La moderna agricoltura dovrà necessariamente fare i conti non solo con il bisogno di nuove tecnologie, ma anche con la necessità di professionisti preparati e capaci".