Chissà: forse è finita l'era della grande globalizzazione. Noi lo diamo oramai per certo: per i prossimi anni la tendenza sarà diversa. Non sappiamo di quanto, ma sarà diversa. Chi ha letto l'"Agenda Draghi", il documento richiesto dall'Ue al nostro economista, si sarà reso conto di quanto, per esempio, potrà cambiare la politica dell'Unione Europea.
"I valori fondamentali dell'Europa sono la prosperità, l'equità, la libertà, la pace e la democrazia in un ambiente sostenibile": come si fa a non essere d'accordo? L'Unione Europea dovrà quindi auspicabilmente uscire da un'ottica economica che tutto aveva impostato sulla riduzione dei costi e il trasferimento delle produzioni in capo al mondo.
Molto interessante e indicativo questa settimana il fatto che il prestigioso Financial Times abbia ripreso le dichiarazioni di un grande industriale del settore conserviero italiano a proposito della concorrenza (sleale) da parte della Cina. È infatti noto che i cinesi producono pomodoro nella regione dello Xinjiang, dove gli ispettori della Nazioni Unite hanno ben documentato sfruttamento e lavoro forzato nei campi a spese di minoranze etniche.
È fatto parimenti noto che i mercati occidentali vengono poi invasi da prodotti a basso prezzo e di pessima qualità fatti con materie prime cinesi. Questi prodotti si giovano di prezzi bassi e dell'Italian Sound, ovvero di denominazioni che riportano le inqualificabili poltiglie alla immagine del Bel Paese - un Paese dove da anni si concentrano tutti gli sforzi sulla qualità del prodotto.
Auspicabilissima quindi l'imposizione di dazi e di tutte le misure per equilibrare il mercato e salvaguardare i consumatori. Anche perché abbiamo visto che il mercato cinese, soprattutto per l'agroalimentare, non si è finora dimostrato la manna per anni tanto ventilata: si tratta di mercato protettissimo e ben sorvegliato.
Chi ha esperienza di esportazione ben conosce lo zelo estremo degli ispettori e dei funzionari cinesi - e intanto questi fanno il lavoro forzato…