Il vino senza alcol fa discutere, suscita perplessità e timori, indignazione e curiosità, ma ormai è una realtà che sta prendendo sempre più piede, anche in Italia.

 

Con la nuova Pac l'Unione Europea ha infatti dato il via libera alla produzione di vini senza alcol o parzialmente dealcolati.

 

Vediamo allora come si producono i vini senza alcol, quali tipologie si possono fare, e anche perché farli.

 

Il processo di produzione

Per produrre un vino senza alcol è si deve partire da un vino base, diciamo così normale, con l'alcol; un vino generalmente finito e stabile.

 

L'alcol infatti viene estratto dopo e per farlo sono disponibili 2 tipi di tecnologie principali: la distillazione a freddo o l'osmosi.

 

La distillazione a freddo permette di far evaporare l'etanolo a basse temperature, eliminando l'alcol e non alterando le altre caratteristiche del vino come avverrebbe con una distillazione a caldo, quella normalmente usata ad esempio per la produzione di grappa e acquavite.

 

L'osmosi invece viene realizzata con un macchinario che fa scorrere il vino accanto ad una corrente d'acqua, tenendo i 2 liquidi separati da una apposita membrana che è in grado di far passare l'alcol ma non altre sostanze. L'alcol tenderà a spostarsi dal vino, dove ha una concentrazione maggiore, all'acqua, dove ha una concentrazione minore.

 

Entrambi i processi, utilizzati anche per la produzione della birra analcolica, sono processi a freddo e non impiegano nessun tipo di solvente o di altra sostanza particolare.

 

Tutte e 2 le tecnologie possono essere usate sia per ridurre il contenuto alcolico del vino, sia per eliminarlo pressoché totalmente potendo realizzare 2 tipologie di prodotti:

  • il vino parzialmente dealcolato, con grado alcolico inferiore al 10%, ma superiore allo 0,5%;
  • il vino dealcolato, con  un grado alcolico non superiore allo 0,5%.

L'eliminazione dell'alcol dal vino comporta comunque dai cambiamenti importanti al prodotto.

 

Prima di tutto c'è una perdita di volume. In genere in un vino l'alcol rappresenta il 12-13% del volume; andare a toglierlo comporta una riduzione almeno pari di volume, ma spesso anche maggiore perché insieme all'alcol viene rimossa dal vino anche una quantità più o meno piccola di acqua.

 

Quindi da 100 litri di vino a gradazione alcolica del 12%, si otterranno non più di 88 litri di vino dealcolato.

 

Una perdita in volume che potrebbe essere compensata con l'aggiunta di acqua, cosa a cui l'Italia però si è detta fermamente contraria e su cui anche la Commissione Europea sembra d'accordo.

 

La riduzione o la quasi totale eliminazione dell'alcol poi può cambiare alcune caratteristiche organolettiche del vino, in particolare quelle legate al corpo e agli aspetti olfattivi e aromatici

 

Infine, dal momento che l'alcol è di per sé un conservante, la sua riduzione comporta una minore stabilità microbica del vino, quindi l'uso dei solfiti rimane fondamentale, a meno che non si voglia ricorrere ad una pastorizzazione.

 

Dal punto di vista dei macchinari per la dealcolazione ne esistono già alcuni a portata di cantina, montati su ruote, di dimensioni e peso contenuti (circa 300 chili) e di fabbricazione italiana.

 

Le tipologie di vini senza alcol

Riguardo le tipologie di vini, si possono produrre vini dealcolati bianchi, rossi e rosati, fermi o spumanti, spumanti di qualità, spumanti di qualità aromatici, vini frizzanti e vini frizzanti gassificati.

 

Non possono essere prodotti invece vini dealcolati liquorosi (anche perché sarebbe un controsenso), vini dealcolati da uve passite o stramature e spumanti gassificati.

 

È possibile anche indicare la varietà e l'annata, facendo riferimento al vino base di partenza.

 

In teoria si possono produrre anche vini Doc e Igt dealcolati, ma per farlo è necessario che il disciplinare di produzione della Doc o dell'Igt lo preveda espressamente.

 

Per tutti i vini con un grado alcolico inferiore al 10% è necessario indicare in etichetta la data di consumo preferenziale, cioè la dicitura "da consumarsi preferibilmente entro".

 

Per quanto riguarda il nome, per l'Unione europea un vino dealcolato si può chiamare vino. Anche perché è un vino a tutti gli effetti: non è infatti un succo di frutta o un surrogato.

 

Non è un succo di frutta perché il processo fermentativo (o i processi fermentativi nel caso il vino abbia fatto anche fermentazione malolattica) c'è stato, e quindi non è un succo di uva.

 

Non è un surrogato perché è un vino, prodotto da un vino di base da cui è stato tolto l'alcol. 

 

Per fare un paragone con il latte, il vino senza alcol è paragonabile ad un latte senza lattosio - dove il lattosio è stato eliminato grazie ad un processo enzimatico - che è sempre latte, prodotto da una vacca o da una capra, e non una bevanda vegetale che al latte assomiglia.

 

Anzi, quasi paradossalmente non si possono usare nomi come vino senza alcol o simili in etichetta: la denominazione commerciale per l'Unione Europea è e rimane sempre vino.

 

Al momento resta una incompatibilità con la normativa italiana, dal momento che il Decreto del Presidente della Repubblica 162/1965 stabilisce che la gradazione complessiva naturale di un vino non può essere inferiore a 8° alcolici, cioè all'8%.

 

Per questo in Italia la denominazione commerciale è "bevanda analcolica a base di vino dealcolato".

 

Ma la normativa comunitaria è ancora in evoluzione e dovrà prevedere l'armonizzazione con le leggi nazionali.

 

Perché il vino senza alcol?

Ma veniamo alla domanda fondamentale: perché produrre vino senza alcol?

 

Sicuramente non perché l'Europa ce lo imponga, o per qualche strano complotto che voglia vietare il vino o l'alcol.

 

L'Unione Europea infatti non impone e non vieta, ma dà l'opportunità di fare un prodotto nuovo.


Nè qualcuno vuol minare la cultura di un prodotto come il vino che fa parte della nostra civiltà da millenni, affondando le sue radici nella nostra mitologia e nelle nostre religioni.

 

Il perché produrre vino analcolico è semplice: perché il mercato lo richiede.

 

Come riporta Federvini, il mercato mondiale di vini e birra senza alcol ha raggiunto nel 2022 un volume di affari di 11 miliardi di dollari.

 

E questo senza andare a cercare i mercati dei paesi arabi, dove comunque i vini di qualità si vendono anche con l'alcol.

 

I mercati di riferimento esaminati infatti sono stati Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, Giappone, Sudafrica, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti.

 

E da un recente studio realizzato da Aretè, per conto della Direzione Generale Agricoltura e Sviluppo Rurale della Commissione Europea, il mercato delle bevande senz'alcol nell'Unione Europea è pari a 7,5 miliardi di euro, per ora rappresentato soprattutto dalla birra.

 

Il vino senza alcol, quindi, deve essere visto come una nuova opportunità per la nostra viticoltura, insieme e accanto a quello tradizionale.

 

E già in Italia si iniziano a contare aziende di produzione, commercializzazione e consulenza e anche, come si è detto, produttori di macchinari specifici per la produzione di questi nuovi vini.