Mentre i prezzi di molti prodotti agricoli aumentano, il reddito degli agricoltori si assottiglia. Accade per la carne, per il latte, per frutta e ortaggi.

A portarsi via i margini di guadagno è l'aumento dei costi di produzione, da quello per l'alimentazione degli animali alla bolletta energetica, che rimane alta a dispetto di qualche ribasso registrato negli ultimi tempi.

 

Non va meglio per chi quei prodotti agricoli deve acquistarli per trasformarli, ad esempio in prosciutti o formaggi.

Anche loro alle prese con aumenti dei costi che non possono essere trasferiti sul prodotto finito, se non in misura parziale.

Prezzi "bloccati", seppure in parte, dall'anello finale della filiera: la distribuzione,


Dove vanno i soldi

Forte della sua posizione (e della "debolezza" dei produttori) quest'ultima non solo governa i prezzi finali, ma si aggiudica anche la fetta più sostanziosa del valore dell'intera filiera.

Un esempio, già citato da AgroNotizie, è quello del prosciutto cotto. Fatto 100 il suo valore, alla distribuzione va la parte più grossa, pari al 51,6%.

Il rimanente 48,4% devono spartirselo allevatori, mangimisti, macellatori, laboratori di trasformazione e stagionatori, ognuno in competizione con l'altro nella speranza di raccogliere qualche "briciola" in più.

 

Difficoltà anche per il latte, con il "fresco" ormai scomparso dagli scaffali. Quando la distribuzione non si fa carico dell'invenduto, le rimanenze finiscono sulle spalle delle industrie del latte con costi insostenibili.

Trionfano così le preparazioni a più lunga scadenza mentre il latte fresco pastorizzato, con durata di sei giorni, è quasi introvabile


Il ruolo dell'inflazione

In questo scenario, di per sé già complesso, si inserisce poi la crescita dell'inflazione, motivo per tutti di forte preoccupazione, dai produttori ai consumatori.

Fronteggiare questo problema non è semplice, come dimostra la politica monetaria restrittiva attuata dalle banche centrali, quella statunitense e quella europea, con il progressivo aumento dei tassi di interesse nel tentativo di raffreddare l'inflazione.

Risultati al momento insoddisfacenti, mentre l'aumento del costo del denaro innalza ulteriormente i costi di produzione.


Proposte anti-inflazione

Il rischio di una fiammata dei prezzi al consumo si fa più alto, ed ecco arrivare in questi giorni un protocollo di intesa fra il Ministero delle Imprese e le aziende della distribuzione per un "congelamento" dei prezzi su alcuni prodotti di prima necessità. La carne, il latte, il pane sono fra questi.

 

Che la proposta venga accolta dalla distribuzione non sorprende. Avendo a disposizione la parte più cospicua del valore, chi vende possiede ampi margini di "manovra" senza troppo erodere i propri bilanci. Per di più contenere i prezzi aiuta a mantenere inalterati i consumi.

Chi sta rischiando è la fase a monte, agricoltori, allevatori, trasformatori. 


Prove di unione

Come pure non sorprende che la proposta di congelare i prezzi sia stata respinta dalla componente industriale.

Molte sigle del mondo della trasformazione, come Assica (trasformazione carne), Assitol (industria olearia), Assocarni (industria e commercio carni), Assolatte (imprese lattiero casearie), Italmopa (mugnai industriali) e Unione italiana food, hanno preso le distanze da queste proposte.

Pesanti le possibili ripercussioni sul tessuto produttivo che rischiano di riverberarsi sull'occupazione.

 

Apprezzabile intanto l'inusuale compattezza di questa componente della filiera produttiva.

Assente però la voce dell'agricoltura, scenario che ripropone ancora una volta la visione di due mondi contrapposti, quello agricolo e quello industriale, erroneamente ritenuti portatori di interessi fra loro in conflitto.


C'è un mondo nuovo

Questa contrapposizione non esiste più, cancellata dalla crisi della globalizzazione e dalla "confusione" che le tensioni geopolitiche hanno innescato sui mercati.

Il futuro delle filiere agroalimentari lo si può affrontare con successo solo facendo squadra, coinvolgendo tutti, non solo agricoltori e industrie, ma anche la distribuzione.

 

Gli uni senza gli altri poco o nulla possono per progettare un futuro che inevitabilmente accomuna tutti.

Ognuno con le proprie specificità, quelle della carne diverse da quelle del latte, quella delle grandi colture lontana dalle vicende dell'ortofrutta.

Di queste differenze si tenga conto anche quando si fanno proposte su come raffreddare i prezzi al consumo. O il risultato sarà deludente.