Ma ci teniamo poi tanto noi italiani al nostro territorio? I fatti ci dicono proprio di no. I rapporti Ispra, di cui noi raccomandiamo sempre la lettura, sono puntualissimi a definire l'uso (e gli abusi) dei territori in Italia.
Nell'ultimo rapporto Ispra sul consumo di suolo e le dinamiche territoriali (credo immanente la nuova edizione) si sottolinea come nel nostro paese si continui a consumare suolo alla grandissima: la media è di 19 ettari al giorno. E questo anche in regioni che a parole e anche a leggi (?) declamano politiche avverse. Si chiama "greenwashing", si comunica bene ma si razzola male.
Si continua a costruire, cementificare, dimenticando che il nostro è un Paese in palese recessione demografica e moltissime case in diverse aree del paese non avranno più mercato nel giro di pochi anni.
Un grande consumo di suolo è oggi rappresentato dai "centri logistici" per soddisfare le aziende che si dedicano al così detto "delivery", ovvero alla consegna a domicilio. Strutture che oggi si sovrappongono nel nostro paese ai grandi centri commerciali, spesso entrati anche qui in crisi e in altri paesi (Usa, Francia…) già in via di sparizione e trasformazione in aree residenziali.
L'uso dei suoli è ovviamente fondamentale anche per quanto riguarda l'importante capitolo delle emissioni di gas serra. Il nostro Paese ha preso l'impegno di arrivare alla neutralità carbonica nel 2050, un obiettivo che per la Ue è imprescindibile e su cui sta investendo (e investirà) ingenti risorse. L'acronimo Lulucf (Land Use, Land Use Change and Forestry, in italiano uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura) diventerà sicuramente popolare nei prossimi anni.
Non a caso sempre l'Ispra ci ha dedicato un altro freschissimo rapporto, in cui si evince che l'agricoltura, che pur genera l'8% dei gas serra (contro l'80% dei settori energia e trasporti) è anche l'unico settore che può arrivare a un equilibrio. L'agricoltura come settore chiave delle politiche territoriali e ambientali: è l'ora del ritorno.