La vendemmia

Come si concluderà la vendemmia 2020 lo anticipano le analisi contenute nel dossier messo a punto da Assoenologi, Ismea e Unione italiana vini, dove è rappresentata una annata “con qualità delle uve buona se non ottima e in alcuni casi eccellente”.
QN” del 14 settembre anticipa alcuni dettagli di questo dossier, ricordando che il Veneto, dove la produzione è aumentata dell’1%, rimarrà il maggior produttore con 11 milioni di ettolitri, seguita da Puglia (8,5 milioni) ed Emilia Romagna (7,7 milioni). In flessione invece la Toscana e la Sicilia (-15%).
La produzione complessiva si attesterà sui 47 milioni di ettolitri, confermando l’Italia come il primo produttore europeo.
Segnali negativi giungono dal fronte dell’export che anche a causa dell’emergenza sanitaria ha segnato un meno 4% nei primi 5 mesi del 2020. Una flessione che ha indotto i rappresentanti del mondo del vino a chiedere nuovi investimenti, con un aumento dei fondi destinati all’Ocm promozione.


Dimenticati da Bruxelles

Protestano i produttori di eccellenze alimentari del Mezzogiorno e lo fanno dalle pagine del “Quotidiano del Sud” del 15 settembre, dalle quali lamentano di essere stati dimenticati nell’accordo commerciale fra Ue e Cina.
Dei 26 prodotti made in Italy che figurano nell’accordo bilaterale per la tutela delle produzioni a marchio di origine, solo uno, la mozzarella di bufala, è “made in Sud”.
Grandi assenti i vini del Mezzogiorno, che più di altri, come si legge nell’articolo, ha compiuto il grande salto dalle cisterne alle bottiglie di pregio.
Ecco allora un appello a una maggiore tutela per la protezione delle eccellenze agroalimentari del Sud, specie in vista della brexit, che in assenza di accordi potrebbe aprire le porte alla concorrenza sleale dei falsi.
A dar loro manforte ci pensano già le etichette a semaforo che si vanno diffondendo nei supermercati inglesi, che bocciano eccellenze come l’olio di oliva extravergine, contrassegnato da un allarme rosso.


Cereali, deficit strutturale

Il grano, il pane, la pasta. La pandemia da coronavirus ha fatto riscoprire l’importanza di alcuni beni primari, ed è stato subìto un aumento nel consumo dei principali beni alimentari. Un fenomeno globale che ha ridato slancio al made in Italy e al suo prestigio.
Se questo è uno dei punti di forza del nostro agroalimentare, il punto debole è la mancata autosufficienza della produzione agricola italiana in un settore strategico come il grano.
Lo ha messo in evidenza “Il Sole 24 Ore” del 16 settembre, puntando il dito sul costante declino della produzione interna di mais, legumi e frumento e con la inevitabile crescita delle importazioni.
Nel caso del grano duro le importazioni sono aumentate del 50% e dei 6 milioni di tonnellate lavorate dalle industrie della pasta, solo 4 sono di produzione nazionale.
L’agricoltura italiana è così di fronte a una sfida per produrre di più, con maggiore qualità e con sempre meno terreno a disposizione. Sembra una missione impossibile, ma esperienze di altri paesi, come Olanda e Israele, dimostrano che la via è percorribile. Purché si investa nella ricerca e nelle innovazioni tecnologiche.
Il tutto accompagnato da una visione nuova del comparto, in particolare nel Mezzogiorno.
 

Se il kiwi “muore”

Il nome è generico: “moria del kiwi”, perché poco si conosce di questa patologia che porta a marcescenza le radici con le immaginabili conseguenze sulla pianta e sulla crescita dei frutti.
Ad essere colpite, scrive “Avvenire” del 17 settembre, sono al momento le coltivazioni laziali e in particolare quelle in provincia di Latina, dove questa coltivazione vanta una presenza su oltre 10mila ettari. Ma prima ancora il patogeno avrebbe fatto la sua comparsa nel veronese, altra area a forte densità di colture di kiwi, dove avrebbe interessato oltre la metà dei 2500 ettari investiti a kiwi.
Anche in Friuli Venezia Giulia si lamentano danni su circa il 10% degli impianti.
Ancora incertezza sulle cause, che imputano il problema a “stanchezza del terreno” o eccessi di acqua, a loro volta complicati da aggressioni di un qualche batterio, però ancora non evidenziato.
Il problema è ora all’attenzione del Comitato fitosanitario nazionale, che deciderà sul da farsi. Si spera in risposte rapide, tenuto conto dell’importanza della coltivazione del kiwi in Italia.
 

Il referendum e gli agrofarmaci

E’ una vicenda complicata, a volte grottesca, quella raccontata da “Il Venerdì”, in edicola insieme a Repubblica il 18 settembre.
Si ripercorrono le tappe della disfida per l’abolizione degli agrofarmaci andata in scena nei meleti dell’Alto Adige tempo fa, sino a sfociare in un referendum indetto dal comune di Malles, in Val Venosta nel 2014. Referendum che vide la stragrande maggioranza dei votanti (non poteva essere diversamente…) esprimersi per l’abolizione degli agrofarmaci dai meleti.
Poi il referendum fu invalidato e la vicenda si pensava fosse conclusa. Invece no. Le schermaglie giuridiche sono andate avanti sino ad approdare qualche giorno fa nuovamente nelle aule del tribunale di Bolzano.
In attesa dei tempi della giustizia, non sempre brevi, l’articolo fa sapere che nel frattempo sono aumentate sensibilmente le produzioni biologiche.
 

L’olio che verrà

A pesare sugli esiti della campagna olearia è il crollo dei raccolti nelle regioni del Sud, a partire dalla Puglia. Le prime stime sul raccolto, anticipate sulle pagine della “Gazzetta del Mezzogiorno” del 19 settembre, indicano in 287 milioni di chili la produzione di olio novello, contro i 366 milioni della campagna precedente.
Un calo del 22% che arriva nell’anno che sancisce il record storico dei consumi di olio nel mondo. L’articolo ricorda poi che l’Italia vanta in Europa il maggior numero di olii extravergine che possono vantare una denominazione di origine (47 fra Dop e Igp).
Il calo della produzione giunge in un momento di mercato particolarmente sfavorevole per i produttori, con prezzi scesi di oltre il 40%, per collocarsi a livelli che non si vedevano dal 2014.


La vigna sposa il digitale

Si chiama Sos QualiTec, una piattaforma informatica per verificare la conformità dei trattamenti alle uve e garantire la correttezza del rispetto dei vincoli normativi e contemporaneamente ottenere una migliore tracciabilità.
Il risultato finale è un vino che alla sicurezza abbina una maggiore qualità.
Il nuovo sistema è stato adottato da Cantina dei Colli Romagnoli e da Terre Cevico, grazie alla collaborazione con Image Line, “laboratorio” dal quale la piattaforma è stata ideata e realizzata.
E’ lo stesso ceo di Image Line e direttore di AgroNotizie, Ivano Valmori, che dalle pagine de “Il Resto del Carlino” del 20 settembre evidenzia come “lo strumento sia utile a tutti, anche ai consumatori che in questo modo sono più tutelati. In più si migliorano le conoscenze dell’agricoltore che, nel caso commetta un errore, avrà le informazioni per non sbagliare di nuovo.
E il prossimo anno, si legge ancora nell’articolo, Sos QualiTec aggiungerà alle sue funzioni anche quelle di previsione dei parametri chimo-fisici delle uve per stimare la migliore epoca di raccolta delle uve e ottimizzare le attività in cantina.
 
"Di cosa parlano i giornali quando scrivono di agricoltura?"
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