In questa fase, in cui la pandemia "sta mettendo a dura prova i sistemi della sanità pubblica in tutto il mondo" e durante la quale "il bilancio umano sarà elevato", accompagnato da "un pesante costo economico", il direttore generale della Fao - l'agenzia dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura - sollecita il mondo a prendere "provvedimenti immediati per ridurre al minimo le interruzioni delle catene di approvvigionamento alimentare".
Quello che serve è "una risposta coordinata a livello globale e coerente, per impedire a questa crisi di sanità pubblica di innescare una crisi alimentare in cui le persone non possono trovare o permettersi cibo".
Niente panico, è l'invito del cinese Qu Dongyu, eletto la scorsa estate a sorpresa alla direzione generale della Fao, e non credere alle fake news sugli assedi dei supermercati affollati (qualche momento di tensione, in alcune zone del Meridione, però, si è verificato, ci permettiamo di ricordargli).
Se per ora, "Covid-19 non ha comportato alcun problema per la sicurezza alimentare", va evitato il rischio che il cibo non arrivi dove necessario.
Il problema sarebbe conseguente a chiusure e blocchi, che irrigidiscono i trasporti, le comunicazioni. Il Covid-19 "ha creato colli di bottiglia logistici che si snodano attraverso le lunghe catene del valore della moderna economia globale".
"Le restrizioni alla circolazione, così come il comportamento di astensione da parte dei lavoratori, possono creare problemi agli agricoltori e ai trasformatori alimentari, che gestiscono la maggior parte dei prodotti agricoli" scrive il direttore generale della Fao. "Allo stesso tempo la carenza di fertilizzanti, medicinali veterinari e altri input potrebbero anche influire sulla produzione agricola".
La crisi è figlia anche delle nuove abitudini alimentari e dei mutamenti conseguenti all'obbligo di non uscire di casa, se non in casi di estrema necessità, per lavoro o per fare la spesa. Imposizioni che mettono a rischio l'economia agricola. "Le chiusure di ristoranti e gli acquisti di generi alimentari meno frequenti riducono la domanda di prodotti freschi e di prodotti della pesca, colpendo produttori e fornitori, in particolare i piccoli agricoltori, con conseguenze a lungo termine per la popolazione sempre più urbanizzata del mondo, sia a Manhattan che a Manila", prosegue l'editoriale.
Nubi in vista anche in chiave di listini e redditività. "Le restrizioni all'esportazione introdotte dai paesi esportatori per aumentare la disponibilità di cibo a livello nazionale - evidenzia Qu Dongyu - potrebbero portare a gravi perturbazioni nel mercato alimentare mondiale, con conseguenti picchi di prezzo e aumento della volatilità dei prezzi". A farne le spese sarebbero poi i paesi con deficit alimentare a basso reddito, come già verificatosi nel 2007-2008.
Quanto mai è raccomandabile evitare gli errori del passato, favorire la collaborazione tra governi e settori dell'agricoltura e alimentare interessati. "Stiamo riscontrando un problema globale, che richiede una risposta globale" afferma senza giri di parole il direttore generale della Fao. "Dobbiamo garantire che i mercati alimentari funzionino correttamente e che le informazioni su prezzi, produzione, consumo e scorte di alimenti siano disponibili a tutti in tempo reale. Questo approccio ridurrà l'incertezza e consentirà a produttori, consumatori, commercianti e trasformatori di prendere decisioni informate e contenere comportamenti di panico ingiustificati nei mercati alimentari globali".
Attenzione alle economie, alle società e ai paesi più fragili. "Abbiamo già 113 milioni di persone che soffrono di fame acuta; nell'Africa subsahariana, un quarto della popolazione è denutrita. Qualsiasi interruzione delle catene di approvvigionamento alimentare intensificherà sia la sofferenza umana sia la sfida di ridurre la fame nel mondo".
La solidarietà, recita il direttore generale della Fao, "non è carità, ma buon senso".