Il sillogismo è semplicissimo: blocco del traffico, riduzione degli spostamenti, meno inquinamento in Lombardia (soprattutto di Pm10, le famigerate polveri sottili). Eppure bovini, suini, avicoli in quella che è di gran lunga la prima regione zootecnica d'Italia, con una concentrazione fra le più elevate d'Europa, continuano a mangiare, a produrre, a rilasciare emissioni. La conclusione: la zootecnia non è responsabile dei picchi di inquinamento che ammorbano l'aria.
L'agricoltura esulta e chiede, a questo punto, un approccio più scientifico e meno sensazionalistico al tema ambientale, a partire dall'applicazione della direttiva Nitrati, vincolo soffocante in alcuni comuni ad alta vocazione zootecnica. Ma è davvero così?
Sul tema è intervenuta direttamente Arpa Lombardia, raccomandando di non spingersi a fare, al momento, "una valutazione specifica di merito, essendo la situazione in evoluzione".
Preme sottolineare, prosegue Arpa Lombardia, come "la qualità dell'aria sia determinata da un insieme di fattori e solo una valutazione completa e organica degli stessi consente di portare a conclusioni tecnicamente sostenibili. Non si può quindi semplicemente confrontare la situazione di queste tre settimane con quella dell'anno precedente o delle tre settimane precedenti, poiché sarebbe una analisi semplicistica".
AgroNotizie ha chiesto un parere a Gianni Matteo Crovetto, ordinario presso il dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell'Università di Milano. "Per troppo tempo è stata addossata all'agricoltura e alla zootecnia la responsabilità dell'inquinamento, senza molta distinzione di sorta sul piano delle emissioni inquinanti" commenta Crovetto. "Zootecnia e agricoltura giocano un ruolo solamente con le emissioni ammoniacali nei campi e nelle deiezioni degli animali, che rappresentano circa il 28%-30% dell'azoto escreto che va in atmosfera e che può favorire le piogge acide e il particolato fino, quindi anche le polveri sottili". È intuitivo, però, che "la gran parte delle polveri sottili abbia un'altra origine".
Detto altrimenti, come spesso succede si confonde il protossido d'azoto (N2O) con il biossido di azoto (NO2): sono due gas completamente diversi. Il primo è un potente gas a effetto serra (Ghg), il secondo non lo è affatto e crea invece problemi respiratori. L'agricoltura e la zootecnia sono (parzialmente) responsabili solo del primo.
Emblematico il caso della Cina, il primo paese al mondo ad essere stato costretto a rallentare tutte le attività nell'area di Wuhan a causa del Covid-19. In base alle immagini trasmesse dai satelliti della Nasa, è stata evidenziata una diminuzione dei livelli di inquinamento sulla Cina. Per il Cnr si possono trarre altre considerazioni, con riferimento al climate change. "Inquinamento e cambiamenti climatici - scrive il sito del Cnr - rappresentano due impatti delle attività umane sull'ambiente che si generano entrambi dalle combustioni fossili, ma che hanno aspetti caratteristici. Ad esempio, non sempre gli inquinanti emessi hanno un potere riscaldante: talvolta inquinano molto i bassi strati dell'atmosfera ma raffreddano, come i solfati, che sono anche dannosi per la salute. Per valutare con precisione gli effetti climatici bisogna quindi esaminare tutti questi aspetti. In questo caso specifico, comunque, la diminuzione di emissioni di anidride carbonica (CO2) è stata molto marcata: si valuta una riduzione di 200 milioni di tonnellate nel periodo considerato, pari a circa il 25% delle emissioni dello stesso periodo dell'anno precedente".
Lo stesso calo di CO2 registrato in Lombardia, sottolinea Crovetto, "evidentemente ha natura diversa rispetto all'agricoltura e alla zootecnia, dal momento che, se è vero che l'attività agricola nei campi ricomincia con la primavera, la zootecnia è abbastanza costante nella produzione di CO2. Quindi un calo è ascrivibile alla riduzione o alla sospensione di altre attività".
Detto altrimenti: non addossate responsabilità al settore primario, quando non le ha.