Per quanto graduale e dotata di uno scivolo biennale di soft landing dopo il 19 marzo 2019, data in cui la Brexit sarà esecutiva, l'uscita dall'Unione europea del Regno Unito lascia aperte alcune questioni anche sul piano agricolo.
L'ultima, evidenziata nei giorni scorsi - durante il World school milk day - dalla National farmers union (Nfu), il sindacato di rappresentanza degli agricoltori, riguarda il programma comunitario "Latte nelle scuole".

Il presidente della sezione Dairy della Nfu, Michael Oakes, visitando una scuola a Birmingham per l'iniziativa lanciata a livello mondiale 17 anni fa, ha dichiarato che "è fondamentale che Defra (il ministero dell'Agricoltura e agroalimentare britannico, ndr) e il dipartimento della Salute promuovano l'importanza del consumo giornaliero di almeno un bicchiere di latte da parte dei bambini", chiedendo che il Governo si impegni "affinché i bambini possano avere anche dopo la Brexit accesso a un analogo programma per la diffusione del latte nelle scuole e un relativo programma di educazione alimentare".
La National farmers union, infatti, non soltanto riconosce l'importanza del consumo di latte nelle scuole sul piano nutrizionale, ma anche con la prospettiva di sviluppare sane abitudini alimentari in futuro.

"In un mondo post Brexit - ha sostenuto Oakes - chiediamo a Defra di cercare di fornire il latte e di coinvolgere nel programma di educazione alimentare il numero massimo di bambini".
Nel 2013/14, ha ricordato, "dei 9.826.000 bambini ammessi a partecipare al programma comunitario Latte nelle scuole, nel Regno Unito solo 1.193.563 ne hanno beneficiato. Chiediamo quindi a Defra di promuovere e sostenere di più l'adozione di programmi di latte scolastici attuali e futuri".


Quale futuro senza la Pac?

Fra le conseguenze più impattanti della Brexit per il mondo agricolo, c'è la perdita dei contributi della Politica agricola comune. Essere nobili o persino la Regina Elisabetta II non costituirà una dispensa dal percepire i fondi che la Comunità europea istituì per sostenere lo sviluppo del sistema agricolo 60 anni fa.

Di questo se ne è occupato recentemente anche Stephen Castle sul New York Times, ricordando che una volta attuata la Brexit, "il Parlamento britannico erediterà la scottante questione politica dell'onere di parte dei costi di mantenimento delle tenute dei facoltosi proprietari terrieri".
Il Governo ha promesso - si legge - "di mantenere gli attuali sussidi fino al 2022, ma ha lasciato chiaramente intendere che da quel momento in poi i ricchi dovranno pagare di più di tasca loro". Il dibattito, comunque, è aperto e gli stessi ministri stanno valutando nuovi modelli per trasferire le risorse economiche a sostegno dell'agricoltura britannica.

L'orientamento potrebbe essere quello di dirottare una parte di risorse destinate ai latifondisti ai piccoli proprietari terrieri. Lo scorso luglio, elemento importante per interpretare gli orientamenti che animano gli addetti ai lavori, il segretario di stato per l'Ambiente, l'alimentazione e gli affari rurali, Michael Gove, aveva criticato il sistema europeo di sussidi agricoli che "premia la dimensione dei possedimenti e non le buone pratiche ambientale, e troppo spesso assegna risorse a chi non ne ha bisogno invece che utilizzarle per l'ambiente, un bene comune".
Potrebbe pertanto prevalere l'orientamento - peraltro connaturato alla concezione inglese - che considera gli aiuti agli agricoltori come difensori dell'ambiente e garanti della sicurezza alimentare.

Una larga parte dell'opinione pubblica ritiene che sia anacronistico finanziare i proprietari terrieri solo sulla scorta del fatto che detengono le superfici. Meglio sostenere le comunità rurali, in cambio di impegni concreti verso appunto la tutela del territorio, la cura della natura e il rispetto di buone pratiche ambientali.
Dieter Helm, economista all'Università di Oxford specializzato in energia, servizi e ambiente, come riporta il NYT, "afferma che il Governo britannico avrà due possibilità: o destinare complessivamente meno risorse ai sussidi agricoli o distribuire i fondi in maniera differente, vi sarà inoltre un tetto massimo di sovvenzioni per singolo richiedente".
Il dibattito è aperto. E il Regno Unito dovrà raggiungere un'intesa su quale politica applicare per sostenere la propria agricoltura in tempi ragionevolmente rapidi. In gioco c'è il futuro della sovranità alimentare.