L'incontro, che ha registrato la partecipazione i numerosi relatori, mirava a presentare i primi risultati dell'attività della Rete rurale nazionale in tema di agricoltura biologica, proponendosi come punto focale di un confronto tra istituzioni e stakeholder in grado di indirizzare le attività future e renderle più coerenti con le aspettative e i fabbisogni dei responsabili delle politiche e degli attori del settore biologico.
Nel corso del primo anno di operatività, le attività realizzate sono state dirette da un lato a verificare i possibili effetti delle politiche sul territorio e, dall'altro, a migliorare la comunicazione e l'informazione volte a favorire la conversione delle aziende, agevolando la loro gestione attraverso la diffusione di innovazioni e buone pratiche.
I lavori si sono aperti con una panoramica delle strategie regionali per l'agricoltura biologica portate avanti dalle regioni Lazio, Molise, Toscana ed Emilia Romagna, dalla quale è emersa una crescita più che significativa del settore bio nel corso degli ultimi anni e l'evidente volontà di promuovere il settore attraverso semplificazioni burocratiche e aumento medio dei premi, ma anche una prima serie di criticità dell'amministrazione legate prevalentemente alla messa a punto dei processi di verificabilità e controllabilità.
L'incontro è poi proseguito in due distinte sessioni parallele: una focalizzata sull'informazione e comunicazione in agricoltura biologica, l'altra sul rapporto tra agricoltura biologica e territorio.
Dal tavolo tematico su informazione e comunicazione è emerso come il bio sia giunto a conquistare stabilmente i suoi spazi, ma sia ancora alla ricerca di una sua specificità in un ambiente in cui la sua immagine nell'immaginario collettivo fatica a formarsi per carenza di informazioni sulla realtà del settore.
La capacità della Rrn di fornire informazioni diviene ancora più fondamentale se si considera che spesso le stesse aziende che approcciano il settore biologico sono impreparate. Non a caso Ismea sta preparando un vademecum destinato principalmente a queste aziende, mentre il Crea Rps sta sviluppando il progetto 'BioTools' con video informativi di natura tecnica, ripresi presso le aziende che hanno sviluppato tecniche e competenze di eccellenza nel settore.
Un elemento su cui tutti i relatori del tavolo tematico si sono trovati concordi è che il biologico rappresenta un sistema per sua natura complesso e che la grande sfida di tutti deve essere quella di semplificarlo il più possibile, in modo da poter trasmettere informazioni chiare a istituzioni, produttori e consumatori.
Per quanto riguarda il tavolo su agricoltura bio e territorio, le criticità individuate sono state prevalentemente due. Si parte con un problema di disomogeneità, presente già dalla programmazione 2000-2006, tra le diverse regioni (e quindi tra i relativi Psr), che a parità di coltura e impegno porta i produttori a essere trattati diversamente da un punto di vista finanziario e burocratico a seconda dell'area in cui si trova l'azienda e anche in caso di regioni limitrofe. Questo, ovviamente, comporta un problema evidente di squilibrio nella concorrenza.
Altro problema di squilibrio si ha tra la misura 10 e la misura 11, dove spesso risultano privilegiate la produzione integrata e l'agricoltura conservativa rispetto al biologico.
"Nel 2016 abbiamo inserito il biologico nel Piano strategico nazionale, ma siamo arrivati tardi: i Psr erano già stati pensati" ha affermato Roberta Cafiero del Mipaaf nell'intervento che ha chiuso i lavori.
"Questo non significa che non si possa correggere la situazione lavorando su sintesi e semplificazione. Stiamo ottimizzando il Sib (il Sistema informativo nazionale) e a breve è prevista una riunione con i rappresentanti di categoria per valutare insieme i requisiti di conversione per i nuovi bandi".