L’olivicoltura italiana gioca il proprio futuro sull’innovazione, vestendo l’abito dell’eco-compatibilità ambientale e dell’eco-sostenibilità economica. Si è ragionato su come attivare processi e procedure in grado di ridurre i costi all’azienda olivicola e al frantoio, alleggerendo gli oneri collegati allo smaltimento dei residui della lavorazione delle olive e le onerose pratiche burocratiche per ottenere la relativa autorizzazione. Ridurre i costi delle imprese, ma anche stimolare la nascita di attività in grado di sfruttare economicamente e commercialmente i diversi derivati della lavorazione delle olive, oltre che comprendere come, in quali comparti, utilizzare le sanse, le acque di vegetazione e il nocciolino.

L’Associazione interregionale produttori olivicoli, Aipo, aderente a Unaprol, ha quindi attivato dal 2008, quando decise di specializzare il progetto di miglioramento di qualità nella gestione dell’oliveto e nella produzione di olio d’oliva rendendo neutrali e eco compatibili, ma anche sfruttabili i suoi sottoprodotti, un’attività di ricerca e sviluppo i cui risultati offrono l'opportunità all’attività olivicola di compiere una svolta.
Un impegno nel quale ha coinvolto primari istituti di ricerca universitari e industrie manifatturiere che hanno fornito macchine e impianti innovativi. Da queste esperienze Aipo ha dato rilievo a quei principi di multifunzionalità delle attività agricole, quanto ha portato un’articolata serie di processi di innovazione, tali da dare una seconda vita economica ai reflui di lavorazione (spremitura) delle olive.

Un’attività che ha contribuito alla crescita imprenditoriale dell’olivicoltura nel Nord Italia (non solo) e che oggi è possibile riassumere così:
1) valorizzazione economica delle sanse vergini.
Sottoprodotto (con la normativa precedente erano invece classificati rifiuti) che è sfruttabile come biomassa, o fertilizzante o alimento zootecnico. Nel solo Veneto si producono ad ogni campagna circa 60.000 quintali di sanse che i frantoi, per il loro smaltimento, si dovrebbero accollare una spesa complessiva di oltre 180.000 euro, ovvero qualcosa come 3.500 euro/frantoio nel solo Veneto;
2) utilizzo a fini energetici del nocciolino.
Sottoprodotto che oggi è ampiamente utilizzato per la produzione di energia termica e elettrica, in campo industriale e/o domestico. L’attuale produzione in Veneto è di circa 18.000 quintali di nocciolino che sul mercato è quotato fra i 12 e 1 18 euro/quintale. Se fosse smaltito come semplice rifiuto significherebbe una perdita di reddito, per il frantoio, di circa 320.000 euro.
3) recupero e potabilizzazione delle acque di vegetazione.

I vari processi di recupero dei reflui della lavorazione delle olive consentono una contrazione delle spese di smaltimento pari a poco meno di 1 milione di euro, aprendo le porte a nuove frontiere di utilizzo anche in altri campi, come quello dell’industria farmaceutica.