Il vicepresidente vicario di Copagri, Alessandro Ranaldi, intervenendo alla Tavola rotonda "La nuova Pac: problematiche e opportunità per l'agricoltura italiana" nell'ambito della terza Conferenza economica della Confederazione ha detto: “Agricoltura 2.0, agricoltura usa e getta, prima serbatoio di voti, poi di braccia, industrializzazione, quindi 'bancomat' di risorse (filiere squilibrate, agropirateria, italian sounding). Dall'origine dell'Europa l'unica grande grande politica unitaria è stata la politica agricola. Negli ultimi anni, più l'Unione europea si allargava, più la politica agricola si riduceva".

"Abbiamo criticato la prima proposta di riforma presentata dalla Commissione - ha dichiarato Ranaldi-,  mentre abbiamo espresso un qualche apprezzamento sul documento finale, scaturito dagli ultimi triloghi. Documento che comunque non ci lascia tranquilli, perché ci sono troppe cose da definire e poco tempo a disposizione. La flessibilità prevista è un'arma a doppio taglio. Se bene applicata può dare delle risposte positive, diversamente può essere creare più danni che risolvere problemi. L'agricoltura ha bisogno prima di chiarezza, di semplificazione, di sburocratizzazione, poi di risorse e di accesso al credito. Oggi cercheremo di avviare una riflessione”.

Nel corso dell'incontro è intervenuto il presidente di Copagri, Franco Verrascina, che ha dichiarato:
Sulla riforma della Pac c'è un accordo compiuto. Non abbiamo tempo da perdere, c'è un'attuazione interna da definire attentamente, ma celermente. Cito tre punti cruciali - ha detto Verrascina: la definizione dell'agricoltore attivo, la regionalizzazione, la programmazione della politica di sviluppo rurale. Ecco le proposte del numero uno di Copagri: "Si potrebbero considerare le realtà produttive iscritte alla camera di commercio. Bene la blacklist, ma occorre arginare possibili raggiri da parte delle proprietà dei terreni incluse in lista. Dal progetto generale della nuova Pac non vanno comunque escluse le aziende più piccole".

"La convergenza interna
- ha detto Verrascina -, poi, è un tema delicato, perché un riequilibrio puramente lineare della destinazione delle risorse andrebbe a penalizzare chi ha grandi potenzialità e a premiare chi non può andare oltre evidenti limiti. Andranno allora tenute in conto le specificità presenti nel territorio italiano e nella nostra agricoltura. Sulla spesa inerente il secondo pilastro, ritengo si debba fare tesoro delle esperienze e degli errori del passato, a partire dal rischio di restituire ingenti somme a Bruxelles o consegnare alle regioni più virtuose la mancata spesa di altre. Non siamo per uno Stato accentratore, ma credo si renda necessaria la definizione di un piano nazionale di sviluppo rurale e l'istituzione di un organismo, ma potrebbe essere anche il Mipaaf, in grado di monitorare e di finalizzare per tempo i progetti con il sostegno di tutti i finanziamenti disponibili”.