C’è chi in Cina vende già il 10-12% del proprio vino e non ha intenzione di crescere di più, per non squilibrare gli altri mercati. È il caso del marchese Nicolò Incisa della Rocchetta, il produttore del prestigioso Sassicaia della Tenuta San Guido.
Per tutti quei vitivinicoltori che puntano invece ad affermarsi nel Paese del Dragone, ci pensa (come sempre) Vinitaly.
E così, alla vigilia della 47ª edizione (Verona, 7-10 aprile), la più importante rassegna dedicata al vino italiano lancia VinitalyWineClub, la nuova piattaforma digitale che permette di fare promozione e vendita online.
Inizialmente l’offerta sul web comprende circa 200 etichette, prodotte da 125 cantine che rappresentano 18 Regioni italiane, tra cui anche le aziende partecipanti alla seconda edizione di OperaWine, teatro della prestigiosa presentazione. Altre 100 aziende sono in lista d’attesa.

“Quasi la metà del fatturato generato dalla vendita del vino italiano deriva dall’export – afferma Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere –. Da quasi cinquant’anni Vinitaly riveste un ruolo da protagonista nella promozione in tutto il mondo del vino italiano, presidiando alcuni mercati chiave come Stati Uniti, Russia e Cina. Una strategia che ha permesso a molti produttori di qualità, spesso piccole realtà, di farsi conoscere ed apprezzare in Italia così come all’estero”.
Le opportunità di crescita passano dunque ancora una volta da Vinitaly. Questa volta sfruttando il web, che può essere sicuramente un volano per oltrepassare la Grande Muraglia e insidiare il primato dei vini francesi (che rappresentano, come ha ricordato Thomas Matthews, executive editor di Wine Spectator, “il 60% del vino straniero venduto in Cina”), seguiti a ruota dalle bottiglie australiane.

D’altronde, basta guardare i numeri del gigante asiatico. Il 91% degli utenti di internet sotto la Grande Muraglia (590 milioni di persone), ha un account su almeno un social network; negli Stati Uniti è il 67 per cento.
Ecco che le vendite online – che nel 2011, secondo l’inglese Barclays Capital, hanno mosso un giro d’affari di 121 miliardi di dollari, con la prospettiva di triplicare nel giro di tre anni – possono diventare un canale estremamente efficace. Così da proiettare i vini made in Italy oltre la soglia del 5% del vino straniero veduto in Cina.
A Vinitaly quest’anno ci sarà una nutrita delegazione cinese. Buyer, ma anche rappresentanti del ministero cinese del Commercio.
Quali regole seguire per avere chance di crescita nel Celeste Impero? “Mantenere un prezzo delle proprie bottiglie ragionevole – raccomanda Nicolò Incisa della Rocchetta per non andare fuori mercato”. E poi, come precisa Thomas Matthews di Wine Spectator, una delle riviste più prestigiose del mondo in campo enoico, “puntare molto sulla qualità, che rimane il criterio di scelta forse più importante, ma sapere anche comunicare la storia e la tradizione di un prodotto, di un’azienda e di un territorio. In questo i vini italiani sono unici, presentano peculiarità e diversità in grado di conquistare”.

Per ora si va online. Ma non è detto che il modello vincente di OperaWine non venga esportato (anche) in Cina. Matthews lancia il sasso…