Una 'rapina' da 7 milioni di euro l'ora e da 60 miliardi di euro l'anno. A tanto ammonta il business dell'agropirateria, della contraffazione, della frode nei confronti dell'agroalimentare 'made in Italy', il più clonato nel mondo. Dai prosciutti all'olio di oliva, dai formaggi ai vini, dai salumi agli ortofrutticoli: è un continuo di 'falsi' e di 'tarocchi' che stanno provocando danni rilevanti non solo alle Dop e Igp italiane, ma all'intero sistema agroalimentare. Si tratta di uno 'scippo' ai danni del settore: i consumatori vengono truffati, gli agricoltori e gli industriali dell'agroalimentare derubati. E' quanto emerso nel convegno nazionale 'No all'economia dell'inganno', promosso dalla Cia, Confederazione italiana agricoltori a Bari.

L'agropirateria, la contraffazione, l'imitazione, e soprattutto l'italian sounding generano un volume d'affari - afferma la Cia in un comunicato - pari a poco meno della metà dell'intero valore della produzione agroalimentare 'made in Italy'. E i danni non vengono provocati a un'unica impresa o a una singola fase produttiva. Il valore sottratto alla produzione agricola pesa sull'intera filiera impegnata in produzioni di qualità. E la situazione sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti. Ormai le truffe viaggiano anche su Internet. Non c'è più da stupirsi nel trovare in vendita in rete il Prosciutto di Parma, il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano prodotti in Argentina, in Australia o in Cina.

Ma anche in Italia il fenomeno è in crescita, con frodi commerciali e sanitarie, falsificazioni, sofisticazioni e contraffazioni vere e proprie. E così il Belpaese è al primo posto in Europa per le segnalazioni di cibi contaminati contraffatti e per le agromafie, che ad oggi hanno un volume d'affari che si avvicina ai 13 miliardi di euro.

Inolltre ogni anno entrano in Italia prodotti alimentari 'clandestini' e 'pericolosi' per oltre 2 miliardi di euro, quasi il 5 per cento della produzione agricola nazionale. I sequestri da parte delle autorità competenti negli ultimi due anni si sono più che quadruplicati. I controlli funzionano, quindi, ma il pericolo di portare a tavola cibi 'a rischio' e a prezzi 'stracciati' è sempre più incombente. I più colpiti dalle sofisticazioni sono i sughi pronti, i pomodori in scatola, il caffè, la pasta, l'olio di oliva, la mozzarella, i formaggi, le conserve alimentari. E l'allarme maggiore è per quello che viene dalla Cina che, nonostante il calo delle esportazioni 'ufficiali' in Italia, riesce a far entrare nella Penisola grandi quantità di prodotti che possono mettere a repentaglio la salute, oltre a provocare gravi danni all'economia agricola nazionale. 

Solo negli Stati Uniti il giro d'affari relativo alle imitazioni dei formaggi italiani supera abbondantemente i 2 miliardi di dollari. E il danno è destinato a crescere, visto che a livello mondiale ancora non esiste una vera difesa delle Dop, Igp e Stg. Una difesa che significa la tutela di un patrimonio culturale, ma anche la valorizzazione di un settore economico che ha un fatturato al consumo di circa 9 miliardi di euro e un export che si avvicina ai 2 miliardi di euro. Prodotti che danno lavoro, tra attività dirette e indotto, a più di 300 mila persone e che rappresentano una risorsa insostituibile per l'economia locale, in particolare per alcune zone marginali di montagna e di collina.

Il più 'copiato' tra i prodotti Dop e Igp è il Parmigiano Reggiano. Il suo 'tarocco' si trova in Argentina, in Brasile, in Giappone, ma anche in Germania e nel Regno Unito. Seguono il Prosciutto di Parma e quello di San Daniele, il Grana Padano, la Mozzarella di bufala e l'Asiago. Una lunga serie di 'plagi', che colpiscono un numero sempre più alto di prodotti di qualità. Non ultimo il Gorgonzola, commercializzato con il nome di Tinboonzola e Cambozola. Ma per trovare i 'falsi' Dop e Igp non c'è bisogno di andare all'estero: è sufficiente navigare in Internet per poter avere una vetrina del 'tarocco'.