Continua il viaggio di Agronotizie alla ricerca di elementi utili per scandagliare le cause all'origine della crisi del settore ortofrutticolo e per individuare possibili soluzioni. 
Abbiamo intervistato Daniele Bassi, del Dipartimento di Produzione vegetale, Facoltà di Agraria dell'Università di Milano, sulle prospettive di mercato per quanto riguarda le drupacee e sul futuro che attende gli agricoltori.

Qual è la situazione di mercato per l'ortofrutta estiva?
"Il settore è in grande difficoltà e c’è bisogno di tanto lavoro per uscirne, ma le possibilità per recuperare ci sono. E’ una grande e stimolante sfida per chi fa miglioramento genetico. Il tempo comunque sta scadendo e non si può pensare che il solo utilizzo dei finanziamenti permetta di risolvere tutti i problemi strutturali che ci sono. E’ assolutamente necessario far recuperare l’affezione per la frutta al consumatore. Per fare questo è importante che l’agricoltore diventi imprenditore e che la frutta sia di qualità”.

Ma cosa vuol dire qualità?
“La qualità deve essere un pre-requisito, perché la frutta deve essere mangiata prima di tutto. Senza questo elemento un frutto non è niente. A questo si può unire la buona pezzatura e un colore sufficientemente attraente che sarà diverso a seconda della specie (fondo arancio e sovraccolore rosso per l’albicocca e fondo giallo e sovraccolore rosso per le pesche).
Non possiamo permetterci, come avviene oggi, di riversare sul mercato frutti di scarso sapore e gusto che portano alla disaffezione del consumatore.
Naturalmente il sapore e l’aspetto estetico devono essere supportati da caratteristiche agronomiche interessanti per il produttore e da tecniche colturali che permettano di esaltarne la produzione.

Per cercare di dare questo pre-requisito, la mia attività di ricerca si è indirizzata verso l’aumento del grado zuccherino, la bassa acidità, polpa soda e croccante con elevata tenuta (a lento intenerimento).
La qualità
nelle pesche e nelle albicocche può essere suddivisa in tre principali categorie: sensoriale (aspetto, sapore, aroma, consistenza), nutrizionale (presenza di vitamine, fibre, antiossidanti, polifenoli, assenza di allergeni e anticrittogamici) e di trasformazione (facilità di rimozione della buccia e del nocciolo, proporzione di succo estraibile dalla polpa). Il controllo delle malattie è un altro fattore di grande importanza affinché arrivino sul mercato frutti sani e che si mantengano”. 

Cosa può fare l’agricoltore?
“E’ evidente che oggi il produttore agricolo è l’anello debole, schiacciato tra costi crescenti e il settore commerciale/distributivo. In questo modo il suo guadagno è sempre minore e insufficiente alla sua sopravvivenza. Per questo motivo il produttore deve necessariamente diventare imprenditore: produrre e valorizzare un prodotto di elevata qualità, individuabile dal consumatore, e venderlo al prezzo più alto possibile. così da ottenere un prezzo remunerativo. Oggi nel settore commerciale è raro trovare chi abbia cura di cercare  e individuare i prodotti migliori e di valorizzarli, ma c'è un'abitudine a generalizzare la frutta e venderla puntando semplicemente sulle offerte e sugli sconti. In questo modo non si da il giusto peso alla frutta con conseguente svalutazione del prodotto: un frutto vale l’altro quindi acquisto quello che costa meno. Questo modo di operare non può reggere e ha fatto diventare l’agricoltore un semplice prestatore del terreno e della manodopera, che si appoggia ad altri per vendere ciò che nasce dal proprio investimento e dal proprio sacrificio. Diventare imprenditore quindi è l’unica sua possibilità”. 

C’è qualche cosa che può aiutarlo a diventare imprenditore?
“Sicuramente occorre una maggiore informazione tra i vari operatori del settore. All’agricoltore infatti troppo spesso non vengono dati elementi importanti per fare la scelta giusta. Inoltre non esiste un giusto scambio di dati tra chi fa miglioramento genetico, chi gestisce la parte commerciale e chi fa la parte tecnica: il risultato è che nessuno sa con certezza cosa deve fare, lavorando al buio. Per riuscire a migliorare la situazione è necessario un maggiore dialogo tra tutti i soggetti della filiera e strutture che consentano di farlo”.

Cha ruolo ha il miglioramento genetico?
“La genetica può dare un grande aiuto per poter migliorare la qualità, ma ci devono dire che cosa vogliono. Non si può pensare che un genetista si inventi una nuova varietà con la speranza che questa raggiunga il successo: il problema dell'ottenimento di una nuova varietà è minimo rispetto al problema di una nuova varietà che va pensata come un vero e proprio prodotto imprenditoriale (fatto di sostanza e d'immagine). Proprio quest’ultimo aspetto è la chiave giusta. Le varietà ci sono ma da sole non possono fare nulla.
Bisogna coltivarle in modo corretto, devono essere valorizzate dal punto di vista commerciale tramite mirate operazioni di marketing, tenendo presenti le esigenze del mercato e del consumatore. In quest’ottica si potrebbe prendere ad esempio il mondo dell’alimentare (prodotti trasformati), dove nulla è lasciato al caso”.

Come il marketing può rientrare in quest’ottica?
“Quando si produce della frutta bisogna sapere già quale è il target di riferimento e quale è l’obiettivo che si vuole raggiungere. Per fare questo bisogna creare una strategia commerciale e di marketing che sia di supporto a quello che abbiamo prodotto e che ci permetta di essere propedeutica al nostro obiettivo. Solo così possiamo valorizzare il prodotto e differenziarlo dal resto. Bisogna quindi anche essere capaci di supportare adeguatamente l’immagine del prodotto e le sue caratteristiche. Su questo versante una corretta campagna marketing e commerciale può permettere di far fare il salto di qualità. Interessante potrebbe essere dare ai produttori delle linee di alta qualità supportate da un marchio correttamente pubblicizzato e distribuito.
Oggi per fare questo esistono strumenti che possono fare al caso nostro anche di semplice utilizzo: il rifrattometro e lo spettrofotometro Nir portatile. Il primo dovrebbe diventare uno strumento di uso comune  per gli agricoltori, che possono così monitorare il livello in zuccheri della polpa e quindi determinare quali frutti possono essere avviati al mercato (è semplicemente autolesionistico pretendere che tutti i frutti prodotti dalla pianta debbano essere venduti, anche quelli di infima qualità). Il secondo va utilizzato sia per decidere lo stadio di raccolta sia per caratterizzare le diverse partite in magazzino e differenziare il prodotto per una corretta collocazione commerciale. Con l'uso di questi due strumenti è oggi possibile caratterizzare ogni singolo frutto (con adeguata etichetta sulla confezione per descrivere le caratteristiche intrinseche), per fornire al consumatore quel servizio in più che rende accettabile un maggior prezzo. Oggi la tecnologia per fare ciò esiste, esistono le cultivar per fornire un prodotto adeguato, ma manca quel salto culturale che trasformi l'agricoltore da fornitore di manodopera a imprenditore".