“L'Italia ha interesse a porre al centro della riforma della Pac la qualità, ma perché questa possa essere trasferita a livello produttivo, economico, commerciale, necessita di altrettanta qualità nella politica. Sulla riforma della Pac siamo in ritardo, sulla politica nazionale al palo e anche le regioni non sono esenti da responsabilità sull'inefficienza politico amministrativa. Non regge più l'alibi delle divisioni nella rappresentanza: con Cia e Confagricoltura abbiamo posizioni comuni, aperte ad una più ampia convergenza della filiera, sulla Pac e sulla politica nazionale. Quest'ultima verrà  presentata nei prossimi giorni a Roma. Occorre convocare i Tavoli di concertazione, il costruttivo confronto e la sintesi finale”. 

Lo ha detto Franco Verrascina, presidente della Copagri, concludendo i lavori del convegno organizzato dalla confederazione sul tema riforma della Pac: al centro la qualità, a partire dalla politica, tenutosi stamani a Firenze con la partecipazioni di rappresentanti del mondo istituzionale, sindacale ed accademico. 

“Per competere – ha aggiunto Verrascina - l'etichettatura è condizione necessaria ma non sufficiente. C'è da chiedersi, infatti, se in prospettiva avremo ancora produzioni da tutelare e valorizzare. Dobbiamo, infatti, denunciare lo stralcio da quel provvedimento di tutte le misure più che mai fondamentali che necessitano di finanziamento, la proposta di legge di stabilità priva di disponibilità, il mancato varo negli ultimi due anni di forme di rete anti crisi e i conseguenti fallimenti, la destinazione di terreni ad attività non agricole, la perdita di produttività, il crollo dei redditi. Per queste ragioni abbiamo indetto la mobilitazione nazionale, per sensibilizzare, per cercare soluzioni condivisibili, non le sterili polemiche". 

"L'occupazione in agricoltura cresce – ha concluso il presidente della Copagri - ma senza il ripristino della fiscalizzazione degli oneri sociali si rischia l'immediata inversione di tendenza. Spendiamo oltre un miliardo di euro l'anno per riparare i danni del dissesto idrogeologico, quando ne basterebbe un decimo per fare una prevenzione nella quale il ruolo degli agricoltori è imprescindibile. Occorre comprendere che senza un'agricoltura economica non esiste produzione di beni pubblici. E' la chiave dell'intervento pubblico e della politica agraria che chiediamo alle istituzioni, in Italia e per il futuro della Pac”.