Le aziende agricole montane sono in costante diminuzione a causa della bassa redditività e di un ricambio generazionale assente o molto difficoltoso. In particolare, l'allevamento di vacche da latte, soprattutto con la salita degli animali in alpeggio durante l'estate, comporta un carico di lavoro e una logistica che risulta respingente per le nuove generazioni. A rendere ancora meno attrattivo il settore zootecnico di montagna è il fatto che il reddito generato dalla vendita del latte o del formaggio non è sempre soddisfacente.
Questi fattori stanno portando, negli anni, alla chiusura di molte aziende zootecniche di montagna e all'abbandono dei pascoli più remoti, spesso a quote elevate, a 2mila metri ed oltre. Si tratta di un fenomeno negativo per i territori, in quanto si perde una parte della cultura locale, oltre all'abbandono di un territorio e delle relative produzioni di pregio. E anche l'impiego di manodopera straniera, spesso proveniente dai Paesi dell'Est, non è sufficiente ad invertire questa tendenza.
Per frenare questo fenomeno la tecnologia può giocare un ruolo importante: da un lato facilitando la gestione delle vacche quando si trovano in alpeggio, dall'altro migliorando la qualità delle produzioni e quindi, potenzialmente, la collocazione sul mercato dei prodotti caseari. Da questi due principi nascono due progetti Psr finanziati da Regione Lombardia, Nirvana (Spettroscopia Nir a vantaggio degli allevamenti) e Pascoli-Amo (Tutela dei pascoli e del benessere animale e monitoraggio della filiera lattiero-casearia del Bitto in alta Valchiavenna per produzioni sostenibili di qualità), che sono stati presentati durante una giornata dimostrativa presso l'Alpe Andossi, un'area nel comune di Madesimo, in Valchiavenna (Lombardia).
Un momento della visita in alpeggio
(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)
L'uso del Nir per la caratterizzazione di foraggi e latte
Moltissimo si è scritto sul tema dell'alimentazione delle bovine da latte e oggi negli allevamenti professionali la razione delle vacche è attentamente bilanciata. Sappiamo infatti che per ottenere produzioni elevate e qualitativamente soddisfacenti gli animali devono avere a disposizione una razione che contenga le giuste proporzioni di fibra, proteina, grassi, minerali, eccetera.
In alpeggio questo controllo è molto più difficile, se non impossibile. Le vacche si nutrono della flora spontanea e anche i foraggi che vengono portati in stalla per il periodo invernale spesso non hanno una qualità standard su cui l'agricoltore può fare affidamento.
"L'impiego di sensori Nir portatili può aiutare le aziende agricole di montagna a caratterizzare i foraggi e il latte che viene prodotto", ci spiega Stefania Barzaghi, ricercatrice del Crea-Za, responsabile del progetto Nirvana insieme a Crea-It e Università degli Studi di Padova. "Mentre l'impiego di droni con sensori multispettrali permette di valutare lo stadio dello sviluppo della vegetazione e la biomassa disponibile".
Uno dei sensori Nir mostrati durante l'evento
(Fonte foto: Progetto Nirvana)
Un sensore Nir (Near-Infrared, Vicino Infrarosso) è uno strumento usato per analizzare la composizione chimica e fisica dei materiali. Questa tecnologia sfrutta la capacità delle onde elettromagnetiche nella lunghezza d'onda Near-Infrared (tra 780 nanometri e 2.500 nanometri) di penetrare nei materiali e di essere assorbita in modo differente dalle varie componenti chimiche, permettendo di ottenere informazioni dettagliate sulla loro presenza.
"Il sensore Nir portatile può essere impiegato per analizzare il foraggio portato in stalla, ad esempio per misurare la percentuale di sostanza secca o di proteine", continua Stefania Barzaghi. "Mentre applicando questa tecnologia al latte è possibile indagare il rapporto tra grasso e sostanza secca, oppure tra grasso e proteine".
L'analisi tramite Nir portatile è molto utile e facile da eseguire, in quanto non prevede la preparazione del campione (o necessita di procedure semplici) non è distruttiva e non è invasiva, quindi il latte o il foraggio analizzati possono essere utilizzati dopo la scansione.
Focus sul progetto Nirvana
(Fonte foto: Progetto Nirvana)
Avendo una conoscenza migliore di quello che le vacche mangiano è dunque possibile creare delle razioni più equilibrate, che permettano di avere produzioni che non solo rientrino nei disciplinari di produzione, in questo caso del Bitto Dop, ma che massimizzino anche il potenziale del foraggio d'alpeggio.
Durante la giornata è stato mostrato ai partecipanti l'impiego di diversi dispositivi Nir portatili e come possono essere impiegati per la caratterizzazione di foraggi e latte. La dimostrazione si è svolta presso la Latteria Carden (Località Palù, comune di Madesimo, Sondrio), della Latteria Sociale Valtellina, partner del progetto Pascoli-Amo.
Sono dunque stati mostrati tre differenti modelli di Nir portatili: AuroraNir, prodotto da Grainit, spin off dell'Università degli Studi di Padova, MicroNir di Viavi Solutions e Polispec di ITPhotonics. Questi strumenti possono essere usati per l'analisi rapida di foraggi, mangimi e biomasse, sia sul campo che in azienda, garantendo la qualità e l'omogeneità delle miscele alimentari.
Valorizzazione delle produzioni di alpeggio
La giornata dimostrativa ha previsto una visita presso l'Alpe Andossi, dove Roberto Comolli e Rodolfo Gentili, dell'Università degli Studi di Milano Bicocca, e Gilberto Parolo, della Fondazione Fojanini di Sondrio, hanno guidato i presenti nella comprensione della relazione tra tipologia di suolo e flora spontanea presente, con un focus sui diversi ambienti presenti in alpeggio (pascoli magri e pingui, nonché torbiere). Ambienti dove le vacche, dotate di Gps e attivometri, sono libere di pascolare scegliendo le essenze di cui cibarsi.
Le vacche al pascolo sono dotate di ricevitore Gps e attivometro
(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)
Infatti, il progetto Pascoli-Amo ha come obiettivo quello di estendere l'impiego delle tecnologie di monitoraggio dei pascoli in Alta Valchiavenna e valorizzare i prodotti caseari ottenuti, per dare possibilità di sviluppo economico e attirare quindi nuovi imprenditori nel settore.
Le vacche presenti nell'alpeggio Andossi sono libere di pascolare in un'area delimitata di 170 ettari e si recano spontaneamente nell'area di mungitura predisposta, da cui poi il latte viene portato in latteria due volte al giorno. Le vacche indossano dei collari su cui sono presenti dei ricevitori Gps, che permettono di localizzare l'animale nell'area dell'alpeggio.
Inoltre, le vacche sono dotate di attivometri che, misurando i movimenti dell'animale, sono in grado di classificare l'attività in riposo, alimentazione e ruminazione. Sulla base di questi dati è possibile individuare gli animali in calore o che invece presentano situazioni patologiche. L'applicazione in alpeggio, condotta nel progetto, ha lo scopo di monitorare anche in questa realtà il comportamento e il benessere delle vacche.
Si fa presto a dire pascolo
Un aspetto spesso sottovalutato riguarda la caratterizzazione dei pascoli in alpeggio. Come spiegato da Roberto Comolli, Rodolfo Gentili e Gilberto Parolo la tipologia e la variabilità di piante presenti è strettamente correlata alla tipologia di suolo.
Nello specifico, sull'Alpe Andossi sono state identificate quattro tipologie di pascoli:
- Pascoli magri. Si tratta di pascoli con terreni acidi che creano un ambiente di crescita delle piante non ottimale. La specie più diffusa è il nardo (Nardus stricta), che tuttavia è appetibile dalle vacche solo quando è giovane, mentre più appetibile è Potentilla aurea o Scorzoneroides helvetica.
Una vacca su un pascolo calcareo
(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)
- Pascoli pingui. Sono pascoli che insistono su terreni ricchi di elementi nutritivi, soprattutto in aree in cui staziona il bestiame e quindi sono più frequenti le deiezioni. Offrono un pascolo ricco, con specie vegetali anche esigenti dal punto di vista nutritivo, come Phleum alpinum, Poa alpina, Trifolium pratense, Achillea millefolium o Alchemilla xanthochlora.
- Pascoli calcarei. Si tratta di pascoli che si sviluppano su terreni calcarei che non offrono condizioni ottimali di sviluppo della flora spontanea, ma che ne favoriscono la biodiversità. Non c'è dunque una specie dominante.
- Torbiera. Una torbiera è un tipo di area umida caratterizzata dall'accumulo di torba, un materiale organico formato dalla decomposizione incompleta di vegetazione in condizioni di saturazione idrica. Questo ambiente si sviluppa in condizioni di elevata umidità e bassa ossigenazione, che rallentano il processo di decomposizione della materia organica. Le torbiere svolgono un ruolo ecologico cruciale, permettendo la sopravvivenza di specie rare e fungendo da riserve di carbonio. Inoltre, rappresentano archivi naturali di informazioni, conservando pollini, semi e resti vegetali che possono essere studiati per comprendere le variazioni climatiche e ambientali del passato.
Una zolla di torba può contenere fino all'80-90% di sostanza organica, il cui contenuto è per metà rappresentato da carbonio
(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)
"Questa approfondita conoscenza dei pascoli alpini non è fine a se stessa, ma serve ad adottare una corretta gestione dei pascoli stessi e potrebbe essere utilizzata per valorizzare le produzioni casearie d'alpeggio, alimenti nei quali maggiormente si riflette la biodiversità derivante dal luogo di origine", sottolinea Milena Povolo, ricercatrice del Crea-Za, responsabile del progetto Pascoli-Amo.
Concludendo, la speranza è che i due progetti gettino le basi per un utilizzo della tecnologia che consenta una migliore e più facile gestione degli animali, nonché una valorizzazione delle produzioni zootecniche che aumenti l'attrattività di questo settore per le nuove generazioni ed eviti che un'attività tradizionale ad alto valore aggiunto sparisca per sempre.