Ma c'è chi non festeggia per questa situazione: sono gli agricoltori che oltre alle difficoltà causate da Covid-19 ora se la devono vedere con gli animali selvatici, che oggi più che mai stanno causando danni alle colture. Essendo venuta meno la presenza di persone e veicoli che normalmente circolano sulle strade rurali o alle periferie delle città, cinghiali, daini, caprioli e lupi, ma anche storni e piccioni hanno invaso le campagne.
Piccioni selvatici fanno razzia di girasoli
A lanciare ad esempio l'allarme per la presenza massiccia di piccioni selvatici nei campi è la Coldiretti Toscana che in una nota afferma: "Oltre alla presenza endemica di ungulati, la pressante minaccia rappresentata dal piccione selvatico, soprattutto in considerazione del fatto che siamo ormai a ridosso delle semine primaverili di oleaginose, in particolare di girasole, rischia di mettere in forte crisi la coltura".Il presidente della Coldiretti Toscana, Fabrizio Filippi, ha poi affermato: "Riceviamo continue e pressanti segnalazioni dai nostri associati relativamente alla presenza sempre più incontrollata della fauna selvatica che indisturbata arreca ingenti danni alle colture agricole, oltre a creare problemi di pubblica incolumità nei pressi dei centri abitati".
Anche dalla Coldiretti Sicilia si alza il grido di allarme per i tanti animali che senza la presenza dell'uomo a fare da deterrente si avventurano nelle zone coltivate e abitate. "In alcune zone i cinghiali sono stanziali sul territorio delle aziende e in altre i daini scarrozzano e mangiano tutto ciò che trovano, senza limiti. Con l'emergenza coronavirus si sono moltiplicati gli animali selvatici che sempre più spesso si spingono nei centri abitati. Anche sui Nebrodi l'allarme è notevole. Ai ghiri che distruggono i noccioleti, si sommano i maiali selvatici che devastano i pascoli e i seminativi e c'è un rischio altissimo per l'incolumità degli agricoltori".
Il nodo dei cinghiali
L'animale simbolo di questa emergenza è certamente il cinghiale, che già in tempi ante-coronavirus rappresentava la principale minaccia all'agricoltura avendo una popolazione elevata (si calcola 2 milioni di esemplari) ed essendo in grado di cibarsi di una vasta molteplicità di colture. Un animale contro cui le amministrazioni locali avevano messo in campo abbattimenti mirati, arruolando anche i cacciatori. Ma a causa della quarantena le doppiette ora tacciono e la popolazione di cinghiali selvatici è destinata ad aumentare."Il numero di cinghiali è aumentato ovunque", spiega il presidente della Coldiretti Varese Fernando Fiori. "Ormai circolano per campagne e città senza più freni danneggiando i raccolti e mettendo a rischio la sicurezza delle famiglie anche nelle poche occasioni in cui è permesso uscire di casa".
Gli ungulati (cinghiale, cervo, daino, stambecco, capriolo, muflone, camoscio) sono certamente la famiglia di mammiferi più dannosa per l'agricoltura. E tra questi il cinghiale è il nemico pubblico numero uno. Lo dimostra anche un sondaggio Ixè dello scorso novembre, che rileva come oltre otto italiani su dieci (81%) pensano che l'emergenza cinghiali vada affrontata con il ricorso agli abbattimenti, soprattutto incaricando personale specializzato per ridurne il numero.
Sempre secondo l'istituto demoscopico, che ha condotto il sondaggio per la Coldiretti, il 69% degli italiani ritiene che i cinghiali siano troppo numerosi, mentre il 58% considera questi animali una vera e propria minaccia per la popolazione, oltre che un problema per le coltivazioni. Il risultato è che oltre sei italiani su dieci (62%) ne hanno una reale paura e quasi la metà (48%) non comprerebbe casa in una zona infestata dai cinghiali.