Gli omega-3 sono acidi grassi polinsaturi dalle molte proprietà salutistiche, in particolare per l'apparato cardiocircolatorio.
Si trovano nei pesci e in altri alimenti. E ora anche nelle uova, dove la loro presenza può essere aumentata rispetto al normale.

Lo hanno dimostrato le ricerche condotte nell'ambito del progetto intitolato "Camfeed", guidato dal Cnr e dall'università di Milano, con il sostegno di Fondazione Cariplo.
I primi risultati sono stati illustrati ad un recente incontro presso l'ateneo milanese, dove si è ricordato che al centro del progetto c'è la Camelina sativa.
Una pianta che era facile incontrare sino agli anni '50 del secolo scorso. Poi la sua coltivazione è andata progressivamente riducendosi con l'avanzare di altre colture.
 

Le proprietà della camelina

Eppure, come ha ricordato Incoronata Galasso, ricercatrice del Cnr-Ibba, si tratta di una brassicacea dalle interessanti caratteristiche.
Capace di adattarsi a terreni poco fertili e di resistere a condizioni di siccità, la si sta riscoprendo per l'alto contenuto in olio (35-40%), composto principalmente da omega-3 e per le proteine (20-25%) presenti nei suoi semi.

Proprietà già note durante l'impero Romano, quando l'olio era utilizzato anche per idratare e curare la pelle.
Oggi l'interesse per la camelina è legato al suo impiego come alimento per le galline ovaiole. L'introduzione del panello di camelina consente infatti di quadruplicare il contenuto in omega-3 delle uova e al contempo di aumentare nelle stesse la presenza di composti antiossidanti.
 

Gli allevamenti sperimentali

I criteri zootecnici della sperimentazione sono stati illustrati da Susanna Lolli, ricercatrice del dipartimento di Scienze e politiche ambientali.

Le galline, allevate a bassa densità per evitare situazioni di stress, e in condizioni idonee di temperatura, umidità e ventilazione, sono quotidianamente monitorate per verificare produzione di uova e consumo di alimenti.
Divise in sei box, gli animali ricevono diete differenti per contenuto in panello di camelina (10 e 20%), a parziale sostituzione della soia e dell'olio di soia.
 

L'alimento e la salute

Remo Reggiani, del Cnr-Ibba, ha illustrato le caratteristiche delle prove sperimentali che vedono impegnati quattro gruppi di ricerca.
Complessivamente sono utilizzate 240 galline, alimentate con panello di semi di camelina. Va ricordato che per la sperimentazione si utilizzano semi a basso contenuto di alcuni fattori antinutrizionali (glucosinolati).

L'allevamento è seguito sotto il profilo sanitario da Guido Grilli, docente e ricercatore in patologia aviare presso l'università di Milano, presidente fra l'altro della Società italiana di patologia aviare.
Ottimale il benessere degli animali e lo stato di salute, con un livello di mortalità pari a zero, difficile fare di meglio.
 

Omega-3 quadruplicato

L'analisi delle uova, sotto la supervisione di Giovanna Battelli, ricercatrice del Cnr-Ispa, ha evidenziato che l'aggiunta di camelina ha comportato un sensibile aumento dei composti antiossidanti e un contenuto in omega-3 di quattro volte superiore rispetto alle galline alimentate senza camelina.

Interessanti i risultati dei test sensoriali, con un maggior gradimento verso le uova ottenute con la dieta a maggior apporto di camelina (20%).
 

I sostegni

Il progetto Camfeed, ha ricordato Rita Bacchella dell'area Ricerca scientifica di Fondazione Cariplo, rientra fra i circa duemila che dal 1991 ad oggi hanno potuto contare sul sostegno della Fondazione.

Al centro di questi interventi, che vedono impegni economici per circa 500 milioni di euro, il potenziamento dei centri di ricerca e la valorizzazione dei risultati della ricerca applicata.
 

Uova e solidarietà

Sin qui gli aspetti zootecnici. Ma l'esperienza sperimentale si è arricchita di importanti risvolti sociali.
Poiché le uova prodotte dal progetto Camfeed sono superiori alle pure esigenze sperimentali, Valentina Ferrante, docente e ricercatrice dell’ateneo milanese e presidente di ZooBioDi (Associazione italiana di zootecnia biologica e biodinamica), si è posta l'interrogativo di come valorizzare questa produzione, evitando inutili sprechi.

La risposta è venuta dalla collaborazione con Pierangelo Galimberti, veterinario e attivo volontario del Banco alimentare, che ogni giorno recupera le eccedenze da destinare a persone bisognose. Dal novembre 2017 ad oggi il Banco alimentare ha potuto ritirare quasi 24mila uova prodotte a Lodi, presso il centro clinico-veterinario dell'università milanese dove sono collocati gli allevamenti sperimentali.

Da qui sono usciti sino ad ora 1.430 chili di prezioso alimento da destinare alle mense di chi più ha necessità.
Un modello replicabile, si è detto in conclusione, in altre esperienze sperimentali che hanno come protagonisti prodotti alimentari e dove è garantita sicurezza e qualità.