Si ferma a 33,50 euro per 100 chilogrammi il prezzo del latte sulla piazza di Verona, segnando rispetto allo stesso periodo del 2014 un ribasso del 22,09 per cento. A livello europeo, gli unici trend positivi sui listini del latte provengono da Austria (33,31 euro/100 kg, +0,61% sulla settimana precedente), Ungheria (29,32 euro/100 kg, +0,10%) e Paesi Baltici (best performance il +4,80% dell’Estonia, che arriva a 25,12 euro/100 chilogrammi). Francia e Germania, invece, frenano. Le quotazioni del latte crudo alla stalla nella regione francese del Rhones-Alpes scendono a 28,84 euro/100 kg, perdendo il 4,59. La Baviera quota invece il latte a 31,60 euro/100 kg, segnando un -0,54 per cento.

Questo il panorama evidenziato dal sito di Clal, portale di riferimento mondiale per il comparto lattiero caseario, che conferma quanto ipotizzato dagli analisti per il secondo semestre del 2015: mercato piatto ed eccedenze (+0,1% la produzione di latte dei principali Paesi esportatori nel mondo) che faticano ad essere assorbite dai consumatori.
Il Global Dairy Trade, dalla parte opposta del mondo, conferma i segnali ribassisti. Le polveri perdono rispettivamente lo 0,2% (per le polveri di latte scremato, quotate a 1.978 dollari a tonnellata) e lo 0,1% nella tipologia polvere di latte intero (2.327 dollari/ton). Prezzi deboli, che stanno portando ad un aumento delle scorte a livello mondiale e con una saturazione dei magazzini non soltanto in Nuova Zelanda, Australia e Usa, principali produttori di polveri a livello mondiale, ma anche in Asia e nel Medio Oriente.

Una notizia che circola negli ambienti del trade e che nelle prossime settimane potrà trovare la propria conferma o meno, ma sembra che Paesi come Filippine, Malesia, Egitto si siano lanciati in acquisti ingenti, per potersi proteggere da eventuali rialzi all’inizio del 2016. Con quali effetti? Difficile dirlo con certezza, ma se si sovrappone la possibile saturazione di alcune piazze Asean con il rallentamento delle produzioni di latte Ue nel prossimo bimestre luglio-agosto e il fermo invernale della Nuova Zelanda, che in luglio quasi azzera la propria produzione lattiera, non è escluso che la calma dei listini si protragga anche nei mesi a venire. Ritardando la ripresa dopo il primo trimestre del 2016.

La Cina lo scorso maggio ha perso quasi il 59% dei volumi di polvere di latte intero importata, confermando l’attenzione su altri prodotti: latte per l’infanzia (+30,34%) e latte confezionato (+8,41 per cento).

La Bielorussia, complice l’Unione economica eurasiatica, si conferma una piattaforma per esportare i prodotti lattiero caseari nella Federazione Russa. Aggirando così l’embargo imposto da Mosca all’Ue? Non sta a noi dirlo. Quello che i dati Clal rivelano è che da Minsk transitano volumi rilevanti di latte confezionato Uht, che non sono certamente consumati solamente in Bielorussia.

Corollario di un mercato che sempre più vive di esportazioni e di una ricerca di nuovi canali commerciali da parte dei principali player mondiali, è la questione dei dazi. L’Australia ha raggiunto un accordo con la Cina per la riduzione dei dazi all’import imposti da Pechino, in modo da facilitare gli scambi. L’obiettivo dell’Australia è quello di accreditarsi come partner privilegiato e arrivare a ottenere un’intesa a “dazio zero”.

L’Italia, che ospita a Milano fino a ottobre Expo 2015, perché non si muove nella stessa direzione? Se non potranno i produttori e la filiera italiana competere sul campo delle quantità, il made in Italy è riconosciuto al mondo per la propria qualità e la sicurezza alimentare delle produzione. In fin dei conti, è una merce di scambio particolarmente apprezzata.

Scenario opposto nel subcontinente indiano. Lo riporta Leo Bertozzi nella rubrica Clal News. “In Pakistanscrive - gli agricoltori chiedono di aumentare i dazi sulle polveri di latte importate a prezzi incontrastabili per i produttori di latte locali. Nel Paese asiatico, l’allevamento coinvolge milioni di soggetti e rappresenta il 55% della produzione agricola. Si tratta di piccoli allevatori, molti dei quali sono senza terra, che traggono dalla vendita del latte la sola fonte di sostentamento. Con i prezzi attuali sul mercato mondiale, gli operatori tendono ad utilizzare le polveri importate per ricostituire il latte e usarlo nella caseificazione. In Pakistan, l’attuale dazio sull’importazione delle polveri è il più basso fra i Paesi della regione sud asiatica, che comprende anche Bangladesh, Bhutan, India, Maldive, Nepal, e Sri Lanka, e varia dal 20% al 25 per cento. Di conseguenza, la percentuale di latte Uht ottenuto da latte in polvere ricostituito è salita al 58% mentre quello ottenuto da latte raccolto nel Paese è del 42 per cento. L’India, per preservare la produzione interna, ha invece introdotto un dazio del 68% sulle importazioni di latte in polvere e incrementato gli incentivi per strutturare e organizzare la filiera”.