Mancano poco più di due mesi al primo gennaio 2012, data nella quale diverranno operativi i dettami della direttiva comunitaria 74/1999, recepita in Italia con il Decreto Legislativo 267/03 , che rivoluziona i sistemi di allevamento delle galline ovaiole. Indirizzata al conseguimento del benessere delle galline, la direttiva prevede l'abolizione delle gabbie o in alternativa l'introduzione di gabbie “arricchite”, con spazi assai più ampi di quelli attuali a disposizione di ogni animale. Gli allevamenti europei hanno avuto a disposizione 12 anni per aggiornare gli impianti di allevamento, ma a quanto pare in molti hanno sperato in una proroga che non arriverà. Ora il rischio è che dal primo gennaio si producano uova in impianti non aggiornati e dunque “fuori legge”. Il problema ha destato l'attenzione di molti eurodeputati, che hanno manifestato le loro preoccupazioni. Si teme in particolare che questa situazione possa minare la fiducia dei cittadini nei confronti del processo normativo dell'Unione oltre che sulla qualità delle produzioni avicole. Una situazione oggettivamente complessa, visto che in molti Stati, e fra questi l'Italia, gli allevamenti che ancora devono aggiornarsi sono la maggior parte di quelli in attività. E che si farà, si sono chiesti gli eurodeputati, delle uova prodotte in questi allevamenti dopo il primo gennaio? Saranno distrutte? Ma da chi e come? E con quali conseguenze sull'opinione pubblica?

 

Distorsione della concorrenza

Il Commissario europeo alla Salute, John Dalli, ha risposto agli interrogativi posti dagli Eurodeputati assicurando che la Commissione adotterà procedimenti di infrazione contro i Paesi che con l'inizio del nuovo anno non saranno in grado di rispettare le regole. Ma le procedure di infrazione, è stato obiettato, sono lunghe e per questo non sempre efficaci. Alla fine potrebbero essere avvantaggiati i produttori che non si sono messi in regola, mentre quelli che hanno aggiornato gli impianti si ritrovano ad aver effettuato investimenti importanti che migliorano il benessere delle ovaiole, ma deprimono la produttività degli animali. Chi si è messo in regola finirebbe così per subire una concorrenza sleale da chi in regola non è. Tanto che è stata avanzata la richiesta di un sostegno a vantaggio degli allevamenti rispettosi delle nuove norme per fronteggiare una situazione di mercato che finirà con il premiare i comportamenti scorretti.

 

Le conseguenze

Procedure di infrazione o meno, resta per i produttori di uova europei la difficoltà di competere con le produzioni extra Ue, ottenute senza tenere in alcun conto le misure per il benessere animale. Le nuove regole potrebbero anche favorire una migrazione degli impianti di produzione in nazioni dell'Est europeo. Non mancheranno, infine, ripercussioni sul prezzo delle uova al consumo che presumibilmente aumenteranno a fronte dell'incremento dei costi di produzione.

 

La situazione

Al momento, ha ricordato il Commissario Dalli, la Commissione è in attesa dallo scorso aprile dei dati aggiornati sulla situazione degli allevamenti da parte di Italia, Grecia, Lettonia, Spagna e Ungheria. A questi si aggiungono Belgio, Bulgaria, Cipro, Francia, Polonia e Romania che già hanno comunicato che si presenteranno all'appuntamento del primo gennaio in difetto, dunque con parte degli allevamenti ancora da aggiornare. Il primo gennaio 2012 saranno molti pertanto gli stati membri che non saranno in regola con la direttiva sul benessere delle ovaiole. Teoricamente, ha sostenuto Dalli, le uova prodotte fuori dal rispetto delle regole dovrebbero essere distrutte, una soluzione corretta dal punto di vista giuridico, ma che presenta molti aspetti critici, sia economici, sia sociali e infine politici. Una delle possibili soluzioni, ancora a livello di ipotesi, è quella di limitarne il consumo ai soli territori di produzione.

 

I rischi

Quella prospettata dal commissario alla Salute è una soluzione che non assolve dalle procedure di infrazione e che pone seri vincoli alla commercializzazione. E c'è anche da tener conto delle reazioni del consumatore. Dipenderà da come accoglierà la notizia che l'uovo che sta per mettere nel piatto è “illegale”. E c'è da scommettere che in molti crederanno che si tratta di uova “cattive”. Al contrario la sicurezza alimentare sarà comunque garantita (e non potrebbe essere altrimenti). Ma a far scattare un nuovo, inutile e ingiustificato allarme alimentare basta poco. E l'uovo “illegale” è assai più di poco.