Rieccole le quote latte. E questa volta non ci sono solo le multe da pagare, ma bisogna fare i conti con le sentenze di condanna inflitte agli allevatori dal Tribunale di Milano. Con pene anche molto severe, come i cinque anni e mezzo di reclusione inflitti ad uno degli allevatori coinvolti nella vicenda. Le decisioni della quarta sezione penale del Tribunale di Milano riguardano nel complesso una quindicina di allevatori ai quali è stato contestato il reato di truffa e che dovranno risarcire quanto dovuto (si parla di 30 milioni di euro da restituire ad Agea). Senza contare i risarcimenti per le parti civili, fra le quali Coldiretti e Confagricoltura. Inutile entrare nei dettagli della vicenda della quale si sono occupati molti quotidiani (La Stampa, Corriere della Sera, Giornale, per citarne alcuni) ai quali rimandiamo per chi volesse conoscere i nomi delle persone coinvolte. Non è di questo che ci vogliamo occupare. E nemmeno esprimere giudizi, a quelli ci pensa la magistratura, che già per episodi analoghi di qualche anno fa, a Torino, aveva emesso sentenze di condanna a carico degli allevatori. Analogo anche in quel caso il “modus operandi” per evitare le multe. Un meccanismo peraltro non complicato. Ci si affidava a cooperative “compiacenti” (o appositamente create) che in qualità di primi acquirenti del latte avrebbero dovuto applicare le multe e versarle ad Agea. Cosa che ovviamente non avveniva. E il giudice chiamato a valutare l'operato di questi allevatori e responsabili di cooperative ha applicato la legge e condannato. Con il plauso di Coldiretti che all'indomani della sentenza del tribunale di Milano ha affidato ad un comunicato il compito di dire “giustizia è fatta”, aggiungendo subito dopo che è “triste per quei produttori che si sono lasciati trascinare in questa vicenda”. “Una sentenza epocale” ha fatto eco Confagricoltura. Ma a dire il vero, una sentenza analoga, lo abbiamo detto, già era venuta dal tribunale di Torino, con un giudizio che in quel caso riguardava fra agli altri l'ex europarlamentare leghista Giovanni Robusti, che i più attenti alle vicende del latte ricorderanno alla guida degli allevatori quando nel gennaio del 1997 bloccarono con i loro trattori l'aeroporto di Linate.
Le multe e le proteste
Già, le proteste, ormai solo un ricordo. Perché in quegli anni, dopo aver per lungo tempo illuso gli allevatori che le quote e le multe non sarebbero mai state un loro problema, arrivò la doccia fredda. Bruxelles passava all'incasso facendo piazza pulita del “bacino unico” con il quale l'Italia aveva salvato gli allevatori dalle multe (facendole però pagare a tutti gli italiani...). Aiuto indebito, sentenziò Bruxelles, e si passò alle quote produttive individuali. Ma i conti per molti anni non sono tornati, il numero delle vacche assomigliava alla tombola natalizia e i dati produttivi alle estrazioni del lotto. Con un susseguirsi interminabile di ricorsi ai Tar da parte di molti allevatori. Solo una manciata di mesi fa un'indagine dei Carabinieri metteva di nuovo in dubbio dati e produzioni delle vacche italiane. Poi il dubbio è rientrato, ma serve a ricordare quanta confusione su questo argomento è regnata per tanto, troppo, tempo. Con tanta amarezza per quegli allevatori, e sono la maggior parte, che nel frattempo si sono messi in regola magari indebitandosi per acquistare quote.
Il peccato originale
E su tutto resta il “peccato originale”, aver accettato supinamente, nel 1984, quando le quote latte nacquero, una quota produttiva che copre a malapena il 50% del consumo di latte in Italia, quando ad altri Paesi era concesso di produrre il doppio o il triplo delle proprie necessità. Ma si sa, non è da oggi che la politica italiana è disattenta nei confronti delle “cose” agricole. In questa contorta e confusa situazione molti allevatori hanno pensato, a torto evidentemente, di poter fare a modo loro. E sono stati condannati. Spiace però che non possano esserci giudizi per chi, avendo responsabilità in campo agricolo, ha lasciato che la vicenda quote latte potesse trasformarsi in un inestricabile groviglio. Nessun tribunale potrà esprimersi, illeciti non ce ne sono. Ma ad emettere un giudizio potrebbero essere tutti gli allevatori, quelli che si sono indebitati per mettersi in regola e quelli che, sbagliando, hanno cercato altre vie. E sulla sentenza ci sono pochi dubbi. Tutti colpevoli.