Non tutti i mali vengono per nuocere, dice un antico adagio. Speriamo sia così anche per questa pesante crisi che ha investito il settore ovino con il crollo del prezzo del latte e del pecorino. Perché al di là dei gravissimi danni che questa crisi si sta portando dietro, c’è chi si impegna per dare al settore un nuovo assetto e una nuova organizzazione, che scongiuri altre crisi come questa. Intanto, però, c’è da pensare all’immediato e alle soluzioni per evitare il tracollo di tante aziende dedite al settore ovino. Un settore, questo della pastorizia, che vanta un patrimonio di 9,5 milioni di capi dai quali escono ogni anno 7,5 milioni di quintali di latte trasformato in formaggi pecorini, in particolare Dop e Fiore Sardo. Una produzione destinata in gran parte all’esportazione (il pecorino è il nostro formaggio più esportato) che sino a ieri ha assorbito una parte rilevante della produzione. Poi il calo dei consumi, il blocco degli aiuti comunitari all’export e nei magazzini ci sono 60mila quintali di prodotto che fatica a trovare compratori. Parte da qui il crollo del prezzo del pecorino e di conseguenza di quello del latte, pagato appena 60 centesimi al litro, meno di quanto costi produrlo.
Incontri a ripetizione
Sull’onda delle proteste degli allevatori si sono svolti in questi giorni numerosi incontri fra le rappresentanze degli allevatori, le istituzioni regionali e i vertici del ministero dell’Agricoltura, tutti impegnati nella ricerca di soluzioni che tardano però ad essere tradotte in pratica. Dagli incontri, prima il 6 e poi il 9 settembre, sono emerse numerose proposte, per gran parte orientate a fronteggiare l’emergenza. In questa direzione va la richiesta sostenuta fra gli altri da Coldiretti, Confagricoltura e Cia di alleggerire il mercato con interventi di ritiro (da indirizzare, propone qualcuno alle fasce indigenti, come già si fece per la crisi dei formaggi grana). Da più parti si è levata anche la richiesta di ripristinare gli sgravi contributivi per gli oneri previdenziali. Per favorire la liquidità degli allevamenti si chiede la “ristrutturazione” dei debiti contratti dalle aziende o la reintroduzione del prestito di conduzione a tasso agevolato. E tutti sono concordi nell’apertura degli aiuti de minimis entro il 31 dicembre (c’è l’autorizzazione della Ue) che prevedono l’erogazione per azienda di 15mila euro. In qualche caso la salvezza dall’incubo della chiusura degli ovili
Spazio alla fantasia
Nell’affannosa corsa alla ricerca di ancore di salvezza per l’ovinicoltura, si è dato largo alla fantasia invocando l’istituzione di un tavolo di filiera, di dare vita ad un osservatorio di mercato, di realizzare mattatoi mobili per favorire il mercato di prossimità, l’autosufficienza energetica degli allevamenti con il ricorso alle energie alternative. Tutte belle cose…se ancora ci saranno allevamenti ovini ove applicarle.
Tante le proposte, ma nessuna decisione, almeno per il momento. Il prossimo incontro al ministero dell’Agricoltura è in programma per il 16 settembre e il giorno prima sarà preceduto da una audizione informale delle organizzazioni professionali presso