Tra i nutrienti il ferro, pur essendo richiesto dalle piante in quantità relativamente piccole, svolge un ruolo di grande importanza. È infatti coinvolto in processi metabolici come la respirazione, la fotosintesi, la sintesi del Dna e la fissazione dell'azoto. Inoltre, può agire come gruppo prostetico o come costituente di enzimi di cui un esempio sono i citocromi della catena di trasporto degli elettroni.
In questo contesto, la clorosi indotta da ferro (Idc, Iron deficiency chlorosis) è uno dei maggiori disordini nutrizionali delle piante coltivate che crescono in suoli calcarei i quali rappresentano il 30% delle terre coltivate al mondo. Essa induce, a livello fenotipico, un ingiallimento delle foglie più giovani (Fig. 1) dovuto principalmente ad una minor produzione di clorofilla nei tilacoidi, una crescita stentata del fusto e delle radici e una minor resa dei prodotti.
Fig.1: Idc di Beta vulgaris (a sinistra) e Prunus persica (a destra)
(Fonte: © El-Jendoubi et al., 2011)
Per alleviare questa condizione, le piante vengono generalmente trattate con fertilizzanti che possono essere applicati al suolo o alle foglie. I fertilizzanti a base di ferro più efficaci e più utilizzati appartengono alla famiglia dei chelanti (es. Eddha, acido etilendiammino-N,N′-bis (2-idrossifenilacetico), efficace anche nei suoli calcarei) (Fig. 2). Un agente chelante è un composto organico formato da un ligando polidentato che lega uno ione metallico centrale.
Fig.2: A sinistra: struttura dell'agente chelante o,o-Eddha (Fernandez et al., 2017); a destra: diagramma di stabilità dei principali agenti chelanti del ferro in condizioni di campo
(Fonte: © Lucena, 2006)
Benché efficaci, questi composti presentano diversi problemi legati, ad esempio, alla lisciviazione nel suolo (dovuta alla loro carica negativa complessiva), alla persistenza nell'ambiente, alla scarsa biodegradabilità e al costo relativamente elevato. Questo pone perciò un problema legato alla loro sostenibilità nell'agricoltura moderna dato che i trattamenti devono essere ripetuti annualmente.
In quest'ottica, nel corso di questi ultimi anni, si è accresciuto l'interesse per un'ottimizzazione dei fertilizzanti a base di ferro già presenti in commercio e per la sintesi di nuovi complessi di ferro. In particolare, nel mio laboratorio di ricerca è stato sintetizzato un nuovo agente chelante del ferro a partire dal ligando H2bpcd (N,N′-bis (2-piridilmetil)-trans-1,2-diamminocicloesano N,N′-diacetato) la cui complessazione con i lantanidi è riportata in letteratura. Dopo una prima verifica circa la sua assenza di tossicità per gli organismi vegetali, esso è stato poi caratterizzato tramite diverse prove sperimentali per studiarlo come possibile correttore dell'Idc. Dal punto di vista chimico, un aspetto molto interessante è che il complesso [Fe(bpcd)]+ presenta una carica netta totale positiva che potrebbe determinare il suo adsorbimento sulle superfici dei colloidi del suolo aventi prevalente carica negativa.
I risultati ottenuti nella tesi utilizzando colonne di suolo suggeriscono che il [Fe(bpcd)]+ sia molto meno suscettibile alla lisciviazione rispetto al controllo [Fe(Eddha)]-. Si potrebbe quindi ipotizzare una applicazione al suolo di [Fe(bpcd)]+in quantità minori e con minor frequenza. D'altra parte, in considerazione dei dati ottenuti dagli esperimenti di rifornimento di ferro in soluzione idroponica che mostrano la necessità d'uso di dosi leggermente maggiori rispetto a [Fe(EDTA)]-, si rileva la necessità di svolgere ulteriori approfondimenti mediante l'uso di piante allevate in vaso su suolo e per periodi di tempo più lunghi, mimando quindi le situazioni in campo.
Meiyi Vuong, categoria "Nutrizione delle piante"
(Fonte: © Meiyi Vuong)
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Fonte: Agronotizie