Un prodotto a base di zinco, rame ed acido citrico – normalmente utilizzato come concime e autorizzato per l’agricoltura biologica - è stato utilizzato con un atomizzatore per verificare la possibilità di riduzione della carica batterica all’interno dell’albero, unitamente alle erpicature primaverili-estive per ridurre la presenza dell'insetto vettore Philaenus spumarius ed alle potature regolari.
"A zinc, copper and citric acid biocomplex shows promise for control of Xylella fastidiosa subsp. pauca in olive trees in Apulia region (southern Italy)". Questo il titolo della ricerca, condotta dal team del Crea coordinato dal batteriologo Marco Scortichini, che ha messo in luce come rilievi molecolari e di campo hanno permesso di verificare che, a seguito dei trattamenti, la carica del patogeno all’interno dell’albero si riduce fortemente. Preliminarmente è stato osservato l’effetto battericida del prodotto - prova effettuata negli Stati Uniti d'America da un batteriologo specializzato in studi su Xylella fastidiosa - e la forte sistemicità del prodotto che è capace di raggiungere lo xylema, dove vive il batterio, e lì rilasciare gli ioni zinco e rame, in grado di ridurre fortemente la presenza di Xylella.
Ma su questo studio si sono presto abbattute numerose critiche, che sono state riprese su AgroNotizie dal giornalista Donatello Sandroni.
In particolare, il 21 marzo, durante un convegno tenutosi a Bari sul tema Xylella, è intervenuto Enrico Bucci, docente in Systems biology presso la Sbarro health research organization della Temple University di Philadelphia, che ha effettuato numerosi e corposi rilievi critici.
AgroNotizie ha sentito direttamente Marco Scortichini, che nell'intervista che segue difende il proprio lavoro dalle accuse di Bucci, fortemente centrate sulla metodologia utilizzata.
Nel convengo viene affermato che nella prova iniziale gli alberi oggetto della sperimentazione erano 110 mentre nel lavoro di ricerca ne sono riportati 40: questo elemento non inficia i risultati?
"Abbiamo più volte spiegato ed anche scritto in una nota preliminare sulla stessa prova che nelle aziende di Galatone e Galatina sono state effettuate potature molto severe con lo scopo di verificare se tale pratica agronomica potesse ridurre efficacemente la presenza del batterio così da consentire la ripresa dell’albero. Ebbene, le potature severe hanno avuto l’effetto di portare a morte molti degli alberi in prova. Quindi, dopo aver constatato che tale pratica risulta deleteria per l’albero, nelle aziende, ovviamente, non si è proseguita la prova. Un riferimento a tale risultato, comunque, è stato inserito anche nel lavoro pubblicato. E’ ovvio che se si vanno a visionare i campi sperimentali risultino ora, per l’appunto, gravemente compromessi. Credo che la verifica della pericolosità di tale pratica apporti ulteriore conoscenza sul fenomeno".
Viene criticato il fatto che nella prova di efficacia battericida inerente il prodotto, effettuata negli Stati Uniti, è stato utilizzato un ceppo di Xylella fastidiosa, della sottospecie “fastidiosa”, e non “pauca”, che è quello presente in Puglia: è possibile che questo elemento abbia viziato i risultati del lavoro?
"Va precisato che negli Stati Uniti la sottospecie “pauca” è patogeno da quarantena e, quindi, è vietato manipolarlo ed utilizzarlo nei vari test. Quindi, vista anche l’impossibilità di poter lavorare direttamente in Italia su Xylella, solo alcuni laboratori pugliesi possono farlo, il prodotto è stato spedito negli Stati Uniti per la verifica".
Si dice che i due blocchi di alberi oggetto della prova pubblicata, quelli trattati e quelli di controllo, non trattati, presentassero un’intensità di attacco diversa: vero o falso?
"Nell’articolo è detto come i due blocchi avevano un grado molto simile di gravità di sintomi all’inizio della prova stessa. Nel corso della prova si è verificato come gli alberi non trattati sono andati, progressivamente, incontro alla morte al contrario di quelli sottoposti a trattamento".
Bucci poi, in particolare, descrive come sono stati fatti i conteggi dei rametti nelle due cultivar oggetto dell’esperimento – Ogliarola salentina e Cellina di Nardò – e lascia intendere chiaramente che negli alberi trattati con il prodotto a base di zinco, in ogni caso, c’è un aumento del sintomo del disseccamento: vero o falso?
"In via preliminare faccio osservare che, come emerge dagli stessi rilievi fatti al lavoro di ricerca, il numero di rametti con sintomi aumenti molto meno nelle piante trattate rispetto a quello delle piante non trattate. Per quanto riguarda il numero di rametti va fatto notare che su alberi di 70 anni una differenza iniziale di 5 rami infetti tra le due cultivar, su un totale di 20 piante, è da considerarsi del tutto irrilevante considerando la numerosità totale. Non si tiene conto, inoltre, che durante la prova alcune delle piante non trattate sono completamente avvizzite e che il conteggio è stato effettuato solo su quelle vive. C’è poi da osservare che i rilievi, ogni anno, sono stati effettuati da aprile ad ottobre e che il rilievo ha preso in considerazione solo i rami che, in quel momento, apparivano disseccati".
Nell’esperimento si è protetto con trattamenti fungicidi solo piante non trattate. Sembra un’accusa, ma lo è?
"Il fatto di avere protetto con i trattamenti fungicidi solo piante non trattate, e comunque morte, avvalora la bontà della strategia di contenimento dove l’effetto protettivo del composto ha potuto svolgere la sua attività anche in assenza di trattamenti protettivi verso le altre malattie".
Ma lo zinco, in definitiva, funziona veramente per combattere questo batterio?
"E’ stato dimostrato da numerose ricerche statunitensi che lo ione zinco svolge un ruolo fondamentale nella riduzione di Xylella fastidiosa all’interno dello xilema delle piante: dal che è possibile ricavare, sulla base dei dati sperimentali, che superare una certa soglia del suo contenuto all’interno della pianta contribuisce alla riduzione della carica del batterio stesso".
Nella conferenza, inoltre, sono stati evidenziati alcuni fattori di “confusione”. E’ stato detto che gli alberi oggetto della prova non erano randomizzati, non presentavano, cioè, una disposizione non casuale nei due blocchi. Vero?
"Al contrario, nel lavoro è stato affermato che gli alberi delle due cultivar - Ogliarola salentina e Cellina di Nardò - mostrano proprio una disposizione randomizzata. In altre parole, furono piantati, lungo la fila, alternando in maniera casuale le due cultivar. Ma sono stati fatti anche altri rilievi, molto contradditori, per esempio è stato detto che uno dei due filari di alberi di olivo è limitrofo ad un filare di cipressi e questo può attrarre maggiormente l’insetto-vettore.
Faccio notare, come proprio questa presenza vicino ai cipressi fa sì che le piante sottoposte al trattamento abbiano ricevuto, con una probabilità molto maggiore, un inoculo di Xylella molto più alto rispetto alle piante più lontane dai cipressi. Inoltre, lungo il filare dei cipressi, per l’impossibilità di arrivare con i mezzi meccanici, è sempre più alta la presenza di erbe infestanti dove sopravvive l’insetto-vettore che, conseguentemente, aumentano, di fatto l’inoculo batterico verso le vicine piante di olivo".
Anche la forte gelata invernale rientra, secondo le critiche, tra i fattori di confusione: possibile?
"Si è dimostrato come le gelate abbiano ridotto fortemente la presenza di Xylella sia nelle piante trattate che in quelle non trattate. In quelle trattate, dopo la gelate, la popolazione del batterio è risultata di molto inferiore rispetto a quelle non trattate. L’aver riscontrato tali gelate, al contrario, rappresenta un forte valore aggiunto per la prova, in quanto tali evenienze sono molto più frequenti per il clima attuale e ci hanno, quindi, consentito di capire come Xylella si comporta in tali situazioni".
Anche il bassissimo contenuto in zinco del terreno dove crescono gli olivi della prova è stato criticato. Giusto o sbagliato?
"Anche in questo caso tale fatto costituisce un altro valore aggiunto della prova, in quanto tale carenza di zinco è riscontrabile in altri areali e potrebbe aver reso l’albero più sensibile agli attacchi del batterio. Questo elemento è in stretta relazione al fatto che il composto utilizzato, proprio perché contiene zinco, è stato assorbito fortemente dalla pianta".
Infine è stato fatto notare che si sono utilizzate solo 4 piante per i rilevi molecolari sull’effettiva presenza di Xylella nelle piante: non si finisce così per inficiare tutto?
"Si ricorda che tale numero rappresenta il 10% degli alberi sottoposti a verifica su di una superficie di quasi 6.000 metri quadrati - un’area rappresentativa per prove di efficacia condotte in pieno campo - e che sulle piante oggetto della verifica molecolare sono state effettuate più di 500 analisi. A riguardo faccio notare che, in alcune situazioni, è sufficiente un singolo campione positivo, prelevato anche da una pianta asintomatica, per eradicare più di 3 ettari di oliveto".