La famiglia delle Asteracee comprende diverse specie con metabolismo C3, note genericamente come "cardo", endemiche dell'area del Mediterraneo. La loro capacità di crescere in terreni marginali, con scarso apporto idrico e di fertilizzanti, così come la loro resistenza a parassiti e malattie, le rende particolarmente interessanti per applicazioni non alimentari.

In Italia sono state condotte delle ricerche su tre specie in concreto: il cardo mariano, il cardo domestico ed il cardo selvatico (Foto 1).

Differenze morfologiche fra cardo selvatico (sinistra) cardo mariano (centro) cardo gentile o domestico (destra)
Foto 1: Differenze morfologiche fra cardo selvatico (sinistra) cardo mariano (centro) cardo gentile o domestico (destra)
(Fonte foto: Rif. [i])

Il cardo mariano (Silybum marianum Gaerth) è una pianta biennale, diffusa in tutto il territorio nazionale. Era consumata dagli antichi greci ed etruschi come ortaggio e per le sue proprietà medicinali. L'interesse della ricerca si concentra principalmente sull'estrazione della silimarina, un complesso bioattivo antiepatotossico di valore per l'industria farmaceutica. In Sardegna è una pianta infestante, ed è precisamente per la sua facilità di attecchimento e proliferazione che la sua coltivazione come biomassa energetica venne sperimentata dal Crea nel triennio 2008-2010.
Le foglie carnose si prestano bene all'insilaggio. Con un apporto di 35 chilogrammi N/ettaro e 90 chilogrammi P2O5/ettaro per una densità di sei piante/m2, la produttività media di biomassa è risultata di 20 tonnellate SS/ettaro.anno. L'umidità media al raccolto è stata del 10%, la materia organica 73% SS, il Pci pari a 14,9 MJ/chilogrammo, la produzione di acheni è nell'ordine di 1,2-1,9 tonnellate/ettaro, con un contenuto medio di olio del 18%, simile per composizione all'olio di girasole (Rif. [i]).

La specie perenne Cynara cardunculus L. comprende due varietà botanicheAltilis DC. (cardo coltivato, detto anche cardo gentile) e Sylvestris Lam. (cardo selvatico, alias Cynara cardunculus cardunculus e Cynara spinosissima) e inoltre la sottospecie Scolymus Hegi (carciofo).

Il cardo selvatico è una coltura con alto potenziale per lo sfruttamento dei terreni marginali e la protezione degli stessi dalla desertificazione. Uno studio congiunto del Cnr e dell'Università di Catania (Rif. [ii]) ha dimostrato la fattibilità di sfruttamento energetico integrale della pianta: gli acheni per la produzione di biodiesel e la biomassa aerea per la produzione di pellet. La biomassa aerea è composta da 40% cellulosa, 20% emicellulosa, 30% lignina, 10% ceneri. Un contenuto di ceneri così elevato rende poco pratico l'utilizzo della biomassa di cardo come combustibile puro. I ricercatori siciliani hanno però riscontrato che i pellet prodotti con 50% di biomassa di cardo e 50% di residui di potatura di ulivo hanno caratteristiche qualitative accettabili: Pci = 14,9 MJ/chilogrammi t.q., 4,1% di ceneri, 10% di umidità, basso contenuto di N, S e Cl. Essendo una pianta poliennale richiede solo una preparazione del terreno al momento della semina e sfalci annuali alla fine dell'estate. L'irrigazione di supporto ed il diserbo sono necessari il primo anno per favorire l'attecchimento. Secondo lo studio appena citato, la produzione totale di biodiesel su un periodo di tre anni è stata di 985 litri di biodiesel/ettaro, 3 tonnellate di pannello/ettaro, avente questo ultimo il 23% di proteine, per cui è un buon complemento per l'alimentazione animale.

Il potenziale dell'insilato di cardo selvatico come biomassa per digestione anaerobica è stato studiato congiuntamente dai ricercatori delle Università di Catania e Milano (Rif. [iii]). Le prove colturali sono state condotte a Catania, con densità d'impianto pari a 0,74 piante/m2, gli input ridotti a solo 100 chilogrammi N/ettaro, 100 chilogrammi/ettaro di P2O5 e 80 chilogrammi/ettaro di KO2 il primo anno, 20 millimetri di apporto irriguo nei mesi di aprile-maggio, e nessun trattamento con agrofarmaci. La resa media di biomassa aerea è stata di 11,8 tonnellate SS/ettaro.anno. Il potenziale metanigeno (Bmp) dell'insilato, rilevato dall'Università di Milano, è risultato pari a 243 ±22 Nm3/tonnellate SS, ma tale valore potrebbe essere più alto perché lo studio riporta che i reattori di prova erano privi di agitazione. Come di consueto nella bibliografia sul Bmp delle biomasse, influenzata dalla norma VDI 4630, lo studio riporta solo la dispersione fra i reattori di prova ma non l'analisi del margine di errore del Bmp (si veda Focus critico sulla norma VDI4630, I Parte e II Parte). Pertanto, l'incertezza del Bmp indicata prima si riferisce solo alla dispersione statistica rispetto alla media. Il rapporto C/N dell'insilato di cardo selvatico è stato pari a 22.

La biomassa del cardo selvatico è atta anche per la produzione di bioetanolo di seconda generazione. Uno studio condotto in Spagna (Rif. [iv]) dimostra che mediante il trattamento della biomassa con una soluzione di 0,15% di acido solforico a 187°C, è possibile recuperare fino al 60% del glucosio dalla cellulosa e il 93% dello xilosio dalla emicellulosa. Sarebbe dunque teoricamente possibile convertire circa il 20% della biomassa secca in etanolo. Leggi anche Cynara cardunculus in Large scale cultivation. A case study in Portugal. Un altro studio condotto in Italia (Rif. [v]) sulla saccarificazione enzimatica e fermentazione simultanea della biomassa di cardo ha raggiunto una percentuale di conversione in etanolo del 13,6% SS.

Il cardo gentile (C. cardunculus altilis) è coltivato principalmente come ortaggio, quindi il miglioramento genetico fino ad oggi ha scarsamente interessato questa coltura per quanto riguarda le sue utilizzazioni energetiche. Nella sperimentazione agroenergetica si fa dunque ricorso ai pochi genotipi tradizionali, caratterizzati dal maggiore sviluppo vegetativo. Tale aspetto lascia ragionevolmente supporre che, attraverso l'avvio di specifici programmi di costituzione varietale, possano essere notevolmente migliorate caratteristiche quali la produttività di biomassa e di acheni, ed il contenuto in sostanze oleiche di questi ultimi per la produzione di biodiesel.

Le cultivar di cardo domestico maggiormente diffuse in Italia sono: "Bianco avorio" (vigoroso, inerme) e "Gobbo di Nizza", entrambe coltivate in Piemonte; "Bianco migliorato", "Pieno inerme" e "Gigante di Romagna" (gigante inerme a foglia intera) (Rif. [vi]). Le prove condotte a Catania su cardo coltivato hanno reso: 19,1 tonnellate SS/ettaro con Bmp = 200 ±12 Nm3/ton SS nel caso della cultivar Altilis 41e 16,9 tonnellate SS/ettaro.anno, aventi Bmp = 245 ±12 Nm3/tonnellate SS per la cultivar Bianco Avorio (Rif. [iii] già citato, valgono le stesse considerazioni sul margine d'incertezza dei valori di Bmp, in questo caso amplificato dal fatto che sono stati condotti due gruppi di prove su ogni cultivar, quindi i valori riportati rappresentano la media fra le medie di ogni gruppo). Il rapporto C/N è stato 24 per Bianco Avorio e 22 per Altilis 41.

In linea di massima, avuto conto delle incertezze metodologiche dello studio in questione, possiamo concludere che non ci sono differenze sostanziali fra i Bmp del cardo selvatico e delle varietà coltivate, ma queste ultime hanno una produttività di biomassa maggiore. Oltre all'abbondante biomassa epigea, il cardo coltivato si caratterizza per una produttività media delle radici di 25 tonnellate SS/ettaro, valore però influenzato dalla cultivar. L'inulina, estratta mediante bollitura delle radici secche polverizzate, viene sottoposta ad idrolisi mediante l'aggiunta di acido cloridrico e ulteriore bollitura. La resa media in fruttosio di tale processo è risultata di 2,14 tonnellate/ettaro.anno, con punte di 3 tonnellate/ettaro per la cultivar L01 (Rif. [vii]).

Prove condotte dal Cnr hanno riscontrato una ottima produzione di biomassa (oltre 30 tonnellate SS/ettaro nel cardo coltivato) con un Pci (potere calorifico inferiore) pari a 17 MJ/chilogrammi SS, ed utilizzabile anche per la produzione di carta. Di rilievo anche la produzione di radici ricche di zuccheri (oltre 40%) di cui l'85% costituiti da inulina con un grado di polimerizzazione di oltre cento monomeri per macromolecola. Anche le produzioni di acheni sono state più che soddisfacenti. Gli acheni hanno mostrato una composizione media pari a 22% di proteine, 24% di olio, 28% di fibra, 4% di ceneri e 22% di estrattivi inazotati. In alcuni tipi è stata evidenziata una resa in olio superiore al 28%. L'olio ottenuto presenta una distribuzione degli acidi grassi simile a quella del mais e del girasole, caratteristiche chimiche che lo rendono adatto per l'alimentazione umana, e alte quantità di tocoferoli che lo rendono particolarmente stabile nei confronti dei fenomeni di ossidazione. La farina residua degli acheni disoleati è di grande interesse come alimento zootecnico per la quantità e qualità degli amminoacidi presenti (Rif. [viii]).

Il carciofo è la sottospecie addomesticata del cardo (C. cardunculus scolymus), largamente coltivato in Italia, dove la produzione annuale raggiunge 500mila tonnellate/anno. Il massimo potenziale metanigeno degli scarti colturali di carciofo è di ben 409 Nm3/tonnellate SV, realizzando la prova con un rapporto inoculo/substrato pari a 2 (Rif. [ix]). La quantità di biomassa di scarto disponibile è però molto piccola rispetto ad altri sottoprodotti più diffusi, per cui l'utilizzo dei resti di carciofo negli impianti di biogas è marginale, limitato solo ai casi in cui le carciofaie siano vicine all'impianto.
 


Conclusioni

Il cardo è una coltura energetica estremamente versatile di cui si riesce a sfruttare tutta la pianta, compresi gli acheni. Oltre agli usi bioenergetici, è possibile ricavare anche prodotti d'interesse per le industrie alimentare e farmaceutica. La sua capacità di crescere su terreni marginali - accumulando nella biomassa i sali assorbiti dagli stessi - rende questa pianta particolarmente interessante per contrastare la desertificazione e l'erosione, causate dal cambiamento climatico e dal modello di agricoltura intensiva.


Bibliografia e approfondimenti

[i] Leonardo Sulas, Specie erbacee native per la produzione di biomasse, presentazione del seminario Le colture agroenergetiche: un'opportunità per l'agricoltura?, Uta (CA) 24 ottobre 2012.
[ii] Toscano, V., Sollima, L., Genovese, C., Melilli, M.G. and Raccuia, S.A. (2016). Pilot plant system for biodiesel and pellet production from cardoon: technical and economic feasibility. Acta Hortic. 1147, 429-442. DOI: 10.17660/ActaHortic.2016.1147.60.
[iii] Gaetano Roberto Pesce, Marco Negri, Jacopo Bacenetti, Giovanni Mauromicale, The biomethane, silage and biomass yield obtainable from three accessions of Cynara cardunculus, Industrial crops and products, volume 103, 2017, pages 233-239, ISSN 0926-6690.
[iv] Ballesteros, I.; Ballesteros, M.; Manzanares, P.; Negro, M. J.; Oliva, J. M.; Sáez, F.; Dilute sulfuric acid pretreatment of cardoon for ethanol production. Biochemical engineering Journal 2008 vol.42 No.1 pp.84-91 ref.24.
[v] Franco Cotana, Gianluca Cavalaglio, Mattia Gelosia, Valentina Coccia, Alessandro Petrozzi, David Ingles, Enrico Pompili, A comparison between SHF and SSSF processes from cardoon for ethanol production, Industrial crops and products, volume 69, 2015, pages 424-432, ISSN 0926-6690.
[vi] Luigi Pari (curatore generale), Rosario Paolo Mauro e Giovanni Mauromicale (autori del capitolo sul cardo) Lo sviluppo delle colture energetiche in Italia, contributo dei progetti di ricerca Suscace e Faesi, pagina 623.
[vii] Raccuia, Salvatore & Genovese, Claudia & Leonardi, Chiara & Bognanni, Rosaria & Platania, C. & Calderaro, P. & Melilli, Maria. (2016). Fructose production by Cynara cardunculus inulin hydrolysis. Acta horticulturae. 309-314. DOI: 10.17660/ActaHortic.2016.1147.43.
[viiiCynara cardunculus L., innovazione e diversificazione del suo uso.
[ix] Fabbri, A., Serranti, S., Bonifazi, G., 2014. Biochemical methane potential (Bmp) of artichoke waste: The inoculum effect. Waste manage. Res. 32, 207–214.