C'era una volta la fragola in Romagna. Potrebbe essere l'inizio di una fiaba dai toni fantasy e magici invece è quello che potrebbe succedere, se la situazione non dovesse cambiare. La fragolicoltura romagnola, cesenate in particolare, da leader in Italia e in Europa sta segnando il passo. Fino agli anni '80-'90 la fragola ha rivestito un ruolo rilevante nel comparto agricolo locale per poi subire un declino, sia nelle superfici coltivate, oggi sono circa 200 ettari su circa un migliaio di 15 anni fa, sia nel numero di produttori.
Ma è possibile fermare questa situazione e ridare a questa area un nuovo splendore? Probabilmente sì ma è necessario cambiare e sviluppare nuovi sistemi colturali.
Nuove varietà ma di qualità
Un primo passo è cambiare il panorama varietale e puntare sulla qualità e sul sapore. In questo il miglioramento genetico può aiutare, ma probabilmente è necessario convincere i produttori ad abbandonare le vecchie e produttive piante per scegliere quelle un pò meno produttive ma di maggiore qualità.
"La qualità e l’innovazione varietale sono elementi fondamentali nella fragolicoltura del futuro - spiega Walther Faedi, padre di tante famose varietà -. Per fare questo dobbiamo puntare su un rinnovo varietale, sostituendo le vecchie varietà. Bisogna però essere bravi a creare un mercato che apprezzi e paghi questa qualità, allora sì che avremo un vero e rapido rinnovamento. Il sistema dovrà informare in modo adeguato il consumatore, raccontandogli bene il suo significato. Se riusciremo a fare questo, potremo guardare all’innovazione varietale in modo diverso e le aziende agricole e le Op potranno fare altre scelte".
Innovare le tecniche colturali e specializzarsi
Oltre ad innovare le varietà bisogna sviluppare le tecniche di coltivazione, così come è successo in altre aree. "Il produttore si deve sempre più specializzare - spiega Gianluca Baruzzi, ricercatore del Cra Unità di ricerca per la frutticoltura Forlì - e deve avere maggiore attenzione nelle procedure colturali. E' fondamentale prolungare il calendario di raccolta, migliorare la protezione dei fragoleti, individuare una tipologia di pianta che dia rese migliori.
Oggi appare evidente la presenza di due sistemi colturali distinti e profondamente diversi. Al Sud ci si è concentrati sull’utilizzo di piante fresche che permettono di puntare sulla qualità dei frutti a discapito però di una resa ad ettaro più limitata. Al Nord si preferiscono piante frigoconservate che permettono elevate produzioni a discapito della qualità dei frutti. E’ evidente che la scelta varietale segue questa direzione con tutte le conseguenze del caso.
Bisogna valorizzare le fragole e farle pagare il giusto prezzo
Il processo deve essere supportato da chi le fragole le vende. Se le Op e le Cooperative non appoggiano questa rivoluzione rossa è difficile cambiare. In questo momento in Romagna il produttore per fare reddito sceglie di puntare sulla quantità. Ma forse se la qualità del prodotto fosse pagata adeguatamente la scelta potrebbe essere diversa.
"Per avere reddito ogni pianta deve produrre almeno un chilo di fragole - spiega Arnaldo Moretti, produttore agricolo di Gattolino di Cesena - nei 20 giorni in cui si raccoglie. Con i prezzi che ci vengono pagate le fragole solo così è pensabile andare avanti. Se scegliessimo varietà di maggiore qualità diminuirebbe la produzione, perché oggi non ci sono varietà adatte alla Romagna che possano produrre molto ed avere frutti d'elevato sapore. Allora è necessario che le fragole ci vengano pagate di più. Se noi dobbiamo fare un investimento è necessario che lo faccia anche qualcun altro. Tutto questo non significa che le nostre fragole non siano buone, vuol solo dire che in termini di sapore, zuccheri ed aroma pagano un po' rispetto a famose varietà di fragola coltivate nel sud Italia (ad esempio Candonga® Sabrosa*)".
Comunicazione e marketing per raggiungere il consumatore
Il cambio deve avvenire anche nella comunicazione e nelle strategie del marketing. Bisogna aumentare il valore del prodotto, perché i consumi di fragole in Italia non sono certo pochi. Si acquistano infatti 85 mila tonnellate di fragole all'anno (dato Cso 2014). Senza dimenticare la sua destagionalizzazione, con picchi di consumo da marzo a giugno e un richiamo anche ad agosto. Guardando questo scenario e le esperienze fatte in altri areali produttivi la fragolicoltura romagnola deve iniziare a comunicare in modo appropriato.
Ne è convinto Faedi: "Non esiste un marchio e un progetto che unisca la 'Fragola di Cesena'. In altre Regioni hanno deciso di puntare sulla promozione e sul marketing, colpendo nel segno. Candonga® Sabrosa* in Basilicata ne è l'esempio. Se vogliamo riprenderci le posizioni perse bisogna seguire questa strada".
Non basta creare valore
La fragola è una coltura molto rischiosa e impegnativa in termini economici, basti pensare che i costi di produzione di un ettaro sono di circa 50 mila euro.
"La fragolicoltura romagnola si sta sicuramente riducendo - spiega Cristian Moretti, direttore generale di Agrintesa - perchè non ha portato reddito come peraltro è avvenuto in molti areali produttivi. Vogliamo difendere quello che è rimasto e per farlo stiamo supportando i nostri agricoltori cercando di creare una produzione più sostenibile e che miri a ridurre gli alti costi di produzione.
Ma è così vero che creare valore sia l'unica soluzione? Oggi non abbiamo varietà, che con piante frigoconservate, ci permettano di fare qualità, coprire i costi di produzione e differenziarci dalle importanti produzioni di Spagna ed altri areali italiani. Per questo motivo non bastano attività commerciali e di marketing per valorizzare il prodotto e creare un mercato. Occorre che la ricerca riesca a licenziare varietà distintive che raggiungano livelli produttivi corretti. Senza dimenticare che le condizioni climatiche di questi ultimi anni non hanno certo aiutato, soprattutto in quest'annata in cui le piogge di fine maggio hanno 'distrutto' una parte rilevante della produzione. Bisogna sperare di avere una prossima campagna soddisfacente".
Sovrapposizione produttiva in Italia e in Europa
E' anche evidente che il sistema fragolicolo europeo in questi anni è molto cambiato, in base anche ad andamenti climatici anomali e difficilmente prevedibili. Negli ultimi anni infatti si è verificata una certa sovrapposizione produttiva tra i vari Paesi, creando alterazione del mercato. Inoltre alcuni Stati che normalmente importavano le nostre fragole hanno investito molto su questa specie, incrementando le loro capacità produttive e diventando autosufficienti.
La 'Fragola di Cesena' per valorizzare il prodotto
Servono sempre più soldi per produrre fragole, oggi la spesa media si aggira su un euro e 30 centesimi per ogni chilo di frutti. "Per riuscire ad avere un primo guadagno è necessario ottenere almeno due euro - spiega Mattia Cacchi dell'azienda agricola Davide Cacchi di Pievesestina di Cesena -, per guadagnarci bene almeno tre euro. Noi abbiamo una finestra di raccolta di circa 20 giorni rispetto al Sud Italia dove raccolgono per 3-4 mesi. Inoltre in un periodo di raccolta così contratto il problema del clima si fa molto più evidente, perché non hai margini di recupero. Probabilmente un marchio 'Fragola di Cesena' potrebbe aiutare alla creazione di valore, ma è necessario ridurre il numero di varietà coltivate. Nelle altre zone hanno deciso di puntare su poche varietà, in alcune addirittura su una (Candonga® Sabrosa* e Sabrina*), nel nostro territorio se ne coltivano tantissime. Inoltre noi non abbiamo varietà che soddisfino le esigenze del mercato e delle nostre tasche".
"Dobbiamo ridare dignità e valore alla fragola di Cesena - spiega Christian Castorri, assessore all'Agricoltura di Cesena -. E' nostra volontà farlo e ci prendiamo l'impegno. Per quanto riguarda la possibilità di creare un marchio che identifichi la fragola cesenate non c'è al momento nessuna proposta sul tavolo di lavoro. Siamo però interessati a poterlo sviluppare nel momento in cui saremo chiamati. Credo che questo tema possa essere proposto all'interno della 'Consulta agricola' che abbiamo creato e che è stata recentemente allargata alle associazioni di categoria del territorio e alle centrali cooperative locali".