Ogni agricoltore conosce i propri campi. Ma anche al più esperto possono sfuggire situazioni problematiche che con il passare del tempo, se non si interviene prontamente, possono causare danni alle colture. Non sempre infatti, anche a causa della conformazione dei campi, è facile individuare la presenza di malerbe, uno stato di stress idrico o l'espansione di una fitopatologia. In soccorso dell'agricoltore arriva la tecnologia.

Attraverso sensori multispettrali è infatti possibile estrapolare dati dal campo, sulla base dei quali elaborare delle mappe di vigore. Mappe che indicano all'agricoltore quali sono le zone forti e quelle che invece sono in sofferenza. Il sopralluogo 'umano' rimane fondamentale, ma la mappa può agevolare il lavoro dell'operatore che potrà andare a colpo sicuro nell'area interessata per verificare se ci sia un problema sanitario, legato alla presenza di infestanti o alla mancanza di nutrienti.

I sensori multispettrali hanno oggi un grado di definizione molto elevato, ma per l'agricoltore rimane il problema di come trasportarli sopra al campo perché possano raccogliere dati. Ad oggi esistono tre strumenti a disposizione dell'azienda: il satellite, l'aereo oppure il drone.
 

Tre strumenti, un solo obiettivo

Vediamo allora quali sono le caratteristiche di questi tre velivoli per cercare di capire il profilo ideale di utilizzo.

Il satellite. L'Unione europea ha lanciato in orbita la costellazione Copernicus, una varietà di satelliti che hanno il compito di monitorare il pianeta sotto diversi aspetti. Tra i vari strumenti portati nello spazio ci sono anche i sensori multispettrali, che da un'altezza di 500 chilometri riescono a monitorare lo stato di salute di campi e boschi.

Grazie alla sua orbita intorno alla terra, il satellite riesce a monitorare grandi estensioni in poco tempo. La larghezza delle sue 'strisciate' può infatti variare tra i 10 e i 100 chilometri. "Il satellite è lo strumento ideale per chi vuole tenere sotto controllo grandi estensioni di terreno", spiega ad AgroNotizie Paolo Pari, cofondatore insieme a Maurizio Cheli (noto astronauta), di DigiSky. "La pecca del satellite è che ha orbite fisse e quindi i dati sono disponibili non a richiesta, ma in tempi predefiniti. Inoltre, in caso di cielo nuvoloso, i dati che raccoglie potrebbero essere non utilizzabili. Il grande pregio tuttavia è la gratuità delle informazioni che vengono liberamente messe a disposizione dall'Esa, l'Agenzia spaziale europea".

Grandi estensioni, risoluzione non elevata e gratuità vanno a braccetto con le colture cerealicole, in cui i bassi margini di guadagno non mettono l'agricoltore nelle condizioni di accedere ad un servizio costoso. Ma hanno l'indubbio vantaggio di dare la possibilità di monitorare migliaia di ettari senza sforzo.

L'aereo. Se il satellite ha il difetto di non poter modificare la frequenza dei passaggi su una determinata area, l'aereo sopperisce a questa pecca. Un aereo leggero che monta una camera multispettrale può infatti decollare in qualunque momento e volando sotto la coltre delle nubi può agevolmente raccogliere le informazioni necessarie all'agricoltore.

Le bande coperte da un velivolo sono ovviamente meno estese di quelle di un satellite. Un ultraleggero viaggia infatti tra i 500 metri e i 5 chilometri di altezza e le sue strisciate variano tra i cento e i mille metri di larghezza.

"L'aereo può intervenire in qualunque momento per monitorare i campi, ha un costo maggiore rispetto al satellite, ma la precisione e tempestività dei dati che raccoglie possono giustificarne l'utilizzo", spiega Pari. "Noi ad esempio abbiamo un network di partner in giro per l'Italia che ci permette di raggiungere qualunque area agricola della penisola".

Il drone. I velivoli senza pilota sono la novità di questi ultimi anni. Complice anche il basso prezzo di acquisto, ogni agricoltore sogna di vedere un piccolo velivolo sorvolare i propri campi per controllare che tutto proceda come da manuale. I droni hanno il grande pregio di poter volare a pochi metri sopra la coltura e i dati che raccolgono sono di una precisione centimetrica. Tuttavia, a meno che l'agricoltore non abbia un mezzo proprio e abbia esperienze di telerilevamento, il costo ad ettaro di questa soluzione è piuttosto elevato.

Questo spiega perché il drone è scelto soprattutto dalle aziende vocate a colture da reddito, la vite da vino in primis, dove la ricerca della qualità giustifica anche investimenti ingenti. Si tratta di strumenti relativamente nuovi e per ora ci sono pochissime soluzioni chiavi in mano di facile utilizzo.

Il trattore. In pochi si rendono conto che sensori di vario genere possono essere montati anche sopra i trattori o ad altre macchine agricole che periodicamente entrano in campo per le lavorazioni o i trattamenti. Questi sensori offrono una qualità del dato elevata, visto che la velocità di avanzamento è bassa e la distanza dalla coltura è minima. Il difetto è di essere economicamente sostenibile solo se il loro utilizzo viene a coincidere con la necessità di entrare in campo.

Se infatti l'agricoltore vuole conoscere lo stato di salute della propria coltura in un momento in cui non è necessario effettuare lavorazioni, il costo del rilevamento è molto elevato. Questo spiega perché questa soluzione si applica a quelle colture che richiedono trattamenti frequenti, come ad esempio la vite.
 

Molti strumenti un solo obiettivo: il dato

Risulta dunque evidente che non esiste un mezzo da privilegiare rispetto ad un altro. Tutto dipende dalle necessità dell'azienda agricola, dall'obiettivo che vuole raggiungere e dai fondi che ha a disposizione.

"Il satellite è ad esempio indicato per le grandi cooperative o gli enti pubblici che vogliono fornire un servizio alle aziende agricole del territorio", spiega Pari. "Il drone o l'aereo sono invece più adatti a quei soggetti che fanno produzioni ad alto valore aggiunto e vogliono conoscere con maggiore precisione e soprattutto a richiesta lo stato di salute della coltura".

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