La verità sta nel mezzo, dice il saggio. Noi (dico: ben compreso chi scrive) tanto spesso auspichiamo con convinzione una maggior protezione dei mercati agricoli o quantomeno un minor ricorso all'importazione per valorizzare e proteggere la nostra agricoltura.

 

Poi leggiamo cosa sta succedendo in Giappone e onestamente siamo un tantinello toccati dalla perplessità. In Giappone da giorni ci sono le file davanti ai supermercati per accaparrarsi il riso, cibo fondamentale nel Paese del Sol Levante. I prezzi del riso sono infatti alle stelle, la speculazione impazza, il governo ha messo mano alle scorte strategiche per le calamità, il ministro dell'Agricoltura è stato rimosso.

 

Il mercato del riso giapponese è un mercato storicamente protetto dalle importazioni, con forti dazi sulle provenienze estere. In Giappone in passato si è inoltre fatto ampiamente ricorso allo strumento del set aside per limitare la produzione agricola, in particolare di riso. Il risultato è che gli scarsi raccolti del 2023 hanno innescato una crisi che trova oggi la maggiore manifestazione.

 

Nonostante gli agricoltori giapponesi siano poco meno dell'1% della popolazione, il sistema elettorale del Paese affida alle zone rurali una grande importanza. Nei decenni si è quindi sviluppata una sorta di iper protezione dei mercati agricoli, che però oggi sta facendo volare l'inflazione, con gravi ripercussioni sulla vita delle grandi aree urbane.

 

Oggi che la fase della grande globalizzazione si sta avviando verso la fine e in cui, dopo decenni, si inizia a riparlare a gran voce di dazi, la vicenda giapponese deve far pensare. Per non passare da un estremo all'altro.