A leggere i dati pubblicati dal Nomisma/Wine Monitor, coordinato dall'amico Denis Pantini, si imparano sempre un sacco di cose.

Prima fra tutte, per esempio, a non essere troppo antiglobal: negli ultimi venti anni le esportazioni di vino italiano sono infatti cresciute del 60% in volume (e del 188% in valore).

 

L'esportazione ha quindi sopperito al calo del consumo interno, che nello stesso periodo è stato del 25%, contribuendo alla stabilizzazione della produzione. L'Italia oggi esporta molta più qualità e molte più bollicine rispetto al 2003. E quella della qualità, assieme a tanto e tanto marketing, dovrebbe essere la soluzione per affrontare il forte calo dei consumi che attanaglia quasi tutti i mercati mondiali.

 

Sempre secondo i dati raccolti da Wine Monitor, nel primo trimestre 2024, le importazioni di vino nei primi 12 mercati mondiali sono calate di ben l'8,7%. In questa debacle globale l'Italia tiene, con un calo delle esportazioni di appena lo 0,9% in molti mercati cardine; questo grazie soprattutto alle buone performance degli spumanti (+4,9%a volume, +3,4% a valore).

 

In prospettiva il mercato mondiale sarà sempre più difficile con tanti paesi che tenderanno a daziare maggiormente: a partire dalla Cina, arrivando (forse) anche agli Usa.

Una gran parte del lavoro sarà quindi nelle mani dei politici e funzionari europei che dovranno essere chiamati alla massima attenzione per quanto concerne le politiche daziarie.

Il resto lo dovranno fare gli esportatori che dovranno ampliare ulteriormente il numero di paesi target delle nostre esportazioni (erano 9 nel 2003, oggi sono 48) lavorando sull'offerta e sulla qualità.