La neve caduta su parte dell'arco alpino nei giorni scorsi e le piogge che hanno fatto capolino su parte del Nord Italia, attesissime, rappresentano purtroppo solamente un anestetico per fronteggiare la grave carenza idrica che la parte più produttiva della Penisola sul piano agricolo si troverà a fronteggiare anche quest'anno.

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Sulla situazione italiana e sui provvedimenti adottati all'inizio di aprile attraverso un Decreto Legge per il contrasto della siccità torneremo fra poco. L'Italia è uno dei Paesi che deve affrontare le conseguenze dei cambiamenti climatici, che dipanano i propri effetti a diversi livelli. Purtroppo non soltanto in abito agricolo e agroalimentare, dove la volatilità dei prezzi è solo una delle conseguenze, forse quella più immediata, ma altri aspetti possono riverberare impatti anche a più lungo termine. Pensiamo, ad esempio, alla perdita di valore dei terreni in caso di difficoltà di accesso ai reticoli idrici.

 

L'emergenza siccità ha un impatto su scala mondiale. Il tema è stato affrontato recentemente dalla rivista statunitense Gpf, Geopolitical Futures, che ha elaborato l'approfondimento "The Developing Food and Water Crisis" ("La crescente crisi alimentare e idrica", a proposito, grazie al collega Sandro Righini per la preziosa segnalazione), e le prospettive non sono certo incoraggianti.

 

Il Corno d'Africa è alle prese per il sesto anno consecutivo con precipitazioni al di sotto della media, con effetti che rischiano di estendersi sull'instabilità politica di un'area che spazia dall'Etiopia al Kenya alla Somalia.

 

Anche il Pakistan, lo scorso anno colpito da pesantissime inondazioni, ritiene di dover fare i conti con scarsità di acqua entro il 2025 e cerca la collaborazione cinese per la realizzazione di infrastrutture in grado di risolvere da un lato il rischio di scarsità di acqua e dall'altro l'esigenza di convogliare eccessive precipitazioni.

 

La Cina, che vanta una superficie estesissima (9,7 milioni di chilometri quadrati), accanto a un piano di investimenti finalizzato a rilanciare l'agricoltura e la zootecnia, ha previsto azioni economiche significative per proteggere la risorsa idrica. Lo scorso gennaio, infatti, il ministro cinese della Risorsa Idrica ha reso noto che Pechino ha investito nel 2022 oltre 148 miliardi di dollari per gestire una sorta di "Piano acqua", una cifra più alta del 44% rispetto a quanto stanziato dal Regno di Mezzo nel 2021.

 

D'altronde, tra i vari eventi che hanno rallentato la corsa economica della Repubblica Popolare, accanto al covid-19 e alla politica di restrizioni alla libera circolazione imposta da Xi Jinping, non sono mancati gli effetti dei cambiamenti climatici, sui quali la pianificazione metodica del Politburo di Pechino nulla può.

 

La siccità ha colpito l'area agricola nel Sud Ovest della Cina, prosciugando alcuni fiumi e causando problemi non solo sulle produzioni primarie, ma anche sulla produzione di energia idroelettrica. E le conseguenze che una possibile chiusura di fabbriche in Cina a causa della scarsità d'acqua non avrebbero una portata solamente territoriale, ma innescherebbero conseguenze negative anche sulle catene di approvvigionamento in Europa e negli Stati Uniti.

 

L'insicurezza alimentare si somma nel mondo a quella energetica, rischiando di esacerbare scenari conflittuali dove l'acqua è il principale fattore scatenante. Secondo le elaborazioni della rivista Geopolitical Futures, i conflitti scatenati per questioni legate all'acqua sono passati dai 21 nell'anno 2000 ai 121 del 2021, con un picco di 136 conflitti nel 2018.

 

Anche l'area mediorientale del Pianeta potrebbe risentire della precarietà connessa alla scarsità di acqua.

Risultano fortemente esposte allo stress idrico Nazioni come Libia, Giordania, Arabia Saudita, Oman, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Iran e Libano, ma anche - in misura minore - Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Siria, Iraq, Yemen sono chiamate a fare i conti con scarse precipitazioni di acqua anche in futuro, con riflessi legati alle produzioni agricole e al futuro delle giovani generazioni.

 

La siccità nel triennio 2020-2022 è stata la più pesante mai vissuta negli ultimi sessant'anni in Argentina, che costituisce uno dei più importanti player nella produzione di soia e mais a livello mondiale. Potranno gli agricoltori argentini, già alle prese con una fragilità intrinseca del Paese, sostenere i riflessi di una minore produzione di cereali e (soprattutto) semi oleosi, con la conseguenza di minori introiti legati all'export?

 

Tornando all'Italia, nei giorni scorsi è intervenuto il professor Luigi Mariani, storico dell'agricoltura ed esperto di agrometeorologia all'Università degli Studi di Milano, noto per avere un approccio assolutamente razionale alla questione climatica. L'analisi dei dati evidenzia due tipi di rischi, una siccità idrologica, legata alle precipitazioni, e una siccità agronomica, da intendersi come carenza idrica nello strato di terreno esplorato dagli apparati radicali delle colture in campo.

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Sarebbe opportuno, in base alla situazione attuale, dare corso a soluzioni di tipo immediato, adottare tecniche agronomiche di adattamento alla siccità, e ad altre finalizzate a realizzare bacini di stoccaggio, miglioramento dell'efficienza della rete idrica, riutilizzare le acque reflue depurate per uso irriguo. I fondi a disposizione ci sono. È tempo di agire e di diffondere una nuova conoscenza fra gli agricoltori. Ne va della sicurezza alimentare e la questione, abbiamo visto, è globale.