Una missione business to business, finalizzata a contattare direttamente gli operatori del mercato indiano, con incontri one-to-one organizzati dal personale del dipartimento Agricoltura degli Stati Uniti e allargato agli stakeholder di Bangladesh e Sri Lanka. I partecipanti si incontreranno anche con funzionari governativi e industriali sia dell'India che degli Stati Uniti e visiteranno strutture di elaborazione locali e punti vendita al dettaglio.
Perché l'India?
La missione non è casuale. Il sub-continente indiano può contare infatti su una popolazione di quasi 1,3 miliardi di persone, con una classe media nel paese in rapida espansione. Anche i consumi sono in crescita, con la conseguenza di un incremento della domanda di alimenti e prodotti agricoli di elevato valore, offrendo così prospettive promettenti agli esportatori statunitensi.Nel 2016, secondo l'Usda, le importazioni agricole dell'India hanno superato i 24 miliardi di dollari (da diversi paesi), diventando di fatto il settimo più grande importatore globale in termini di valore. Le importazioni principali includono, secondo gli uffici di Washington, olio di palma, legumi, olio di soia e noci.
E l'anno scorso gli Stati Uniti sono stati il settimo paese fornitore più importante per l'India nell'agroalimentare, pari al 5% della quota di mercato.
E così, mentre le alte tariffe daziarie dell'India impediscono l'esportazione di molti prodotti agricoli, le vendite complessive degli Stati Uniti verso l'India sono cresciute del 249% negli ultimi dieci anni, raggiungendo una cifra vicina a 1,3 miliardi di dollari.
Noci, cotone, legumi, frutta freschi, cibi preparati e trasformati hanno rappresentato più dell'80% dell'export americano. Inoltre, l'India è anche un mercato importante per le esportazioni statunitensi di etanolo.