I Brics e i Ticks sono una grande opportunità per l’agroalimentare made in Italy. Confagricoltura, in un rapporto dettagliato, ha fatto il punto della situazione dell’export e import dell’Italia in Brasile, Russia, India, Cina, Taiwan e Sud Corea, ovvero i Paesi racchiusi in questi due acronimi. Sono tutti Stati accomunati da fattori davvero rilevanti come la popolazione elevata, il forte sviluppo economico negli ultimi anni, seguito a una rapida crescita del reddito procapite, che ha portato a un incremento e diversificazione dei consumi, anche alimentari.

Dopo un periodo di grande crescita economica, tuttavia, i paesi emergenti hanno conosciuto anche brusche frenate, come dopo la crisi 2008 e le turbolenze finanziarie del 2015, dovute anche alla picchiata dei prezzi delle materie prime, come il petrolio. Relativamente a queste preoccupazioni, i Paesi che hanno più risentito di queste crisi sono stati la Russia e il Brasile.

Sul mercato russo l’export agroalimentare made in Italy è cresciuto mediamente del 9,3% l’anno, toccando i 705 milioni di euro nel 2013. Brusca flessione però nel 2014 e nel 2015, con un -45,8% pesante, equivalente a -323 milioni di euro. Ha certamente inciso l’embargo russo su vari prodotti agroalimentari Ue a seguito delle sanzioni europeo dopo il conflitto Russia-Ucraina, oltre alla riduzione del prezzo del petrolio, fondamentale per il sostegno dell’economia russa. Le importazioni di prodotto dalla Russia sono invece cresciute mediamente del 4,7%.

Per quanto riguarda l’export verso il Brasile, il dato ha visto una crescita costante dal 2004 al 2014, con la sola flessione del 2009 (-8,9%). La crisi economica 2015 ha però ridotto questa quota del 10%, pari a 18 milioni di euro. In media la crescita annua dell’export nel periodo dal 2001 al 2015 si è comunque attestata all’8,8%. L’import dal Brasile prevale sull’export, in quanto il valore dei prodotti agroalimentare brasiliani arrivati nel Belpaese ha toccato nel 2015 il miliardo di euro, come già nel 2007 e nel 2008. Dal 2002 al 2015 l’incremento è stato del 77%.

Andando invece in Asia, il continente dove sicuramente l’Italia deve accrescere i propri sforzi, in Cina l’export made in Italy ha registrato tra il 2001 e il 2015 un tasso di crescita medio del 28,6% in un anno, mentre l’import ha visto il segno più mediamente del 3,9%.

Ottime performance anche in Corea del Sud, con una crescita negli ultimi quindici anni mediamente del 14,6%, con una bilancia commerciale passata da un attivo di 11 a 158 milioni di euro.

Taiwan, Paese molto più piccolo rispetto ai giganti asiatici, ha però un forte interesse verso l’agroalimentare italiano, crescendo dell’8,2% nell’import di prodotti made in Italy. Una richiesta crescente riscontrata poi nel saldo commerciale, con 87 milioni di euro di attivo nel 2015 e un segno sempre positivo.

Segnali molto positivi anche dall’India, dove l’export made in Italy ha toccato un +15,8% medio all’anno, contro il +9% dell’import, mentre arrivano buoni risultati anche dal Sudafrica, che ha registrato valori medi annui di crescita dell’import di prodotto made in Italy attestabile sull’11,4%.

Confrontando i sette Paesi presi in considerazione, si evince come la crescita maggiore dell’agroalimentare italiano sia stata in Cina, seguita dalla Corea del Sud e dall’India. Permangono difficoltà in Brasile e in Russia, in particolare in quest’ultimo caso a causa dell’embargo russo, prolungato fino al dicembre 2017. Detto questo, le capacità economiche crescenti in ottica futura e l'elevato livello di popolazione sono fattori fondamentali per rendere sempre più appetibili i mercati dei Brics e Ticks per l'agroalimentare made in Italy.